L'impero siciliano di Lombardo

Èstato la personificazione dell’antico adagio divide et impera, Raffaele Lombardo, da martedì ex presidente della Regione siciliana. Le sue dimissioni annunciate da tempo, ma che parecchi temevano non arrivassero, sono oggi una realtà. Si chiude così l’era lombardiana che con cinque governi, alleanze anomale, geometrie variabili, ribaltoni, scontri e continue contraddizioni, ha caratterizzato gli ultimi quattro anni della politica siciliana e del governo regionale. 

Il “regno” di Lombardo I, che non è stato sicuramente quello di Federico II di cui si ricordano le grandi innovazioni apportate durante il suo impero, nato sotto il vessillo dell’autonomia e nel nome della Sicilia, si è rivelato non all’altezza della promessa di riforme fatta ai siciliani. O meglio. È stato un governo che non ha dato risposte e fatto proposte concrete per risollevare l’economia in ginocchio dell’Isola e, complice un Parlamento inerte, litigioso e irresponsabile, ha disatteso le aspettative. All’ex governatore siciliano, però, bisogna dare atto di una cosa: la sua permanenza a Palazzo d’Orleans, come presidente del 57° governo della Regione, i siciliani non la dimenticheranno. Ma, soprattutto, alla Sicilia mancheranno i suoi repentini cambi di rotta, politici e personali. Inoltre, se pur con sfumature diverse, mancherà anche alla stampa.

In questi anni ha dato così tanto materiale per gli articoli che, in un certo senso, giornali e televisioni si sentiranno “orfani” di un personaggio che, nel bene e nel male, ha fatto parlare di sé. Certo, non tutti i mali dell’Isola si possono addebitare al governo presieduto dal leader dell’Mpa. Anche le precedenti legislature hanno la responsabilità di una politica più attenta ai propri interessi che a quelli della Sicilia. E Lombardo non ha fatto diversamente dai suoi predecessori: ha collocato i suoi uomini nei posti strategici, ha cercato e trovato il consenso con nomine e consulenze. Le 130 nomine fatte negli ultimi due mesi e quelle di due assessori un’ora prima delle sue dimissioni, la dicono lunga su “un’abitudine” che si perpetua nel tempo.

Raffaele Lombardo da Grammichele (Catania), una laurea in medicina con specializzazione in psichiatria forense, democristiano di lungo corso nella corrente di Calogero Mannino, si può considerare un uomo dalle mille sfaccettature e contraddizioni. Leader dell’Mpa da lui fondato nel 2005, dopo la scissione dall’Udc di cui era il segretario regionale, viene eletto presidente della Regione siciliana il 14 aprile del 2008 e vince con il 65% dei consensi schiacciando la sua avversaria Anna Finocchiaro che si attesta al 30%. Candidato da una coalizione di centro destra, Pdl, Udc ed Mpa per volere di Silvio Berlusconi (che lo preferì a Miccichè) e sponsorizzato dell’ex governatore Totò Cuffaro, con cui aveva diviso la sua vita politica nella Dc, subito dopo la sua elezione inizia la sua “trasformazione” politica. Infatti, le prime avvisaglie di questo cambiamento arrivano con la formazione della giunta di governo: la Sanità viene affidata all’ex pm Massimo Russo e non a Nino Dina dell’Udc.

Inizia così la rottura personale e politica con Cuffaro e non pochi malumori serpeggiano anche nel Pdl. Saranno mesi di scontri e polemiche che, mentre Lombardo sbandiera il suo cambiamento e caccia dalle strutture burocratiche i fedelissimi dell’ex governatore, culmineranno il 25 maggio 2009 con l’azzeramento della giunta. Il 30 giugno nasce il Lombardo bis, l’Udc esce dal governo e indignata per il volta faccia di Lombardo va all’opposizione. Si potrebbe dire fuori uno. Ma è solo l’inizio. Cominciano ad incrinarsi anche i rapporti con il Pdl che, intanto, registra al suo interno una frattura tra l’ala che fa capo ad Alfano-Schifani, i cosiddetti lealisti, e quella che si riconosce in Gianfranco Miccichè che, da lì a poco fonderà il Pdl Sicilia, insieme ai finiani e alla corrente di Dore Misuraca. I rapporti con il Pdl si fanno sempre più tesi, il Pdl Sicilia si allea con il governatore: è la rottura definitiva con il partito di Berlusconi. Il 30 dicembre del 2009 nasce il terzo governo Lombardo targato Mpa-Pdl Sicilia con l’obiettivo delle grandi riforme, che potrà contare sull’appoggio “esterno” del Pd. Il Pdl e l’Udc vanno all’opposizione e denunciano il ribaltone politico. In giunta entrano due assessori tecnici in quota Pd e anche la Confindustria, con allora presidente Ivan Lo Bello, avrà un suo uomo al governo.

Comincia così il lungo idillio tra il partito di Bersani e Lombardo che porterà non pochi problemi all’interno dei democratici. Un’operazione voluta principalmente dal capogruppo del Pd all’Ars, Antonello Cracolici e dal senatore-antimafia Beppe Lumia. Durante “l’anomalo” governo, frutto delle cosiddette geometrie variabili di Lombardo, le riforme tanto annunciate non si vedono. Cominciano ad arrivare, invece, le pressanti sollecitazioni dell’Ue per la spesa dei fondi europei 2007-2013 che, se non spesi, saranno persi, come d’altronde sta succedendo. Il clima politico intorno al governatore si fa sempre più rovente e anche la sua anomala maggioranza inizia a scricchiolare. Miccichè rompe con Lombardo ed esce dal governo. Termina così il Pdl Sicilia che lascia in eredità al governatore solo gli uomini di Gianfranco Fini che non lo abbandoneranno fino alla fine. E tra un valzer di nomine, consulenze e passaggi di casacche all’Ars, il 28 settembre del 2010 si arriva al quarto governo Lombardo.

Un esecutivo tecnico ( Pd-Mpa-Fli-Udc-Api) nato dalla fantasia politica di Lombardo e con l’apporto determinante del duo per antonomasia Cracolici-Lumia. Sarà proprio il sostegno al governatore che scatenerà un inferno all’interno del Pd. Mentre l’Udc di Casini e D’Alia, dalla quale nel frattempo è uscito Saverio Romano con i suoi, rientra in giunta. E sul già complicato clima politico, il 27 marzo del 2010, era arrivata come un macigno la notizia, anticipata da un quotidiano, che la Procura di Catania stava indagando su Lombardo e su suo fratello Angelo, deputato nazionale dell’Mpa, per concorso esterno in associazione mafiosa. Una vicenda giudiziaria che si è sdoppiata (un processo in corso per voto di scambio e un’udienza preliminare per concorso esterno) e che, non solo ha diviso la procura etnea, ma ha avuto non poco incidenza sulla situazione politica regionale, creando grandi imbarazzi nel Pd da sempre sbandieratore del vessillo dell’antimafia.

Il 9 aprile del 2010, quelle che erano circolate come “indiscrezioni giornalistiche”, con la chiusura delle indagini avevano avuto il crisma dell’ufficialità: Lombardo era indagato. Il governatore ha sempre respinto le accuse ribadendo, in più occasioni, la sua estraneità ai fatti. Una vicenda complicata, per la quale la procura aveva chiesto per ben due volte l’archiviazione non accolta dal gip che, invece, nel marzo del 2012 chiede l’imputazione coatta per concorso esterno. E sarà proprio l’ inchiesta giudiziaria che scatenerà il dibattito all’interno del Pd che, a fine giugno del 2011, considererà ufficialmente «esaurita la stagione del governo tecnico». Ma Lombardo, intanto, passato indenne tra referendum contro di lui mai fatti e mozioni di sfiducia annunciate, alcune presentate ma mai discusse, non si perde d’animo e va avanti. A maggio, dopo l’addio dell’Udc di Casini ad inizio anno e con l’abbandono del Pd, pur senza avere una maggioranza vara il quinto governo. Fuori otto dei dodici assessori “tecnici”e dentro i politici.

Insomma un governo, definito da molti, elettorale: Lombardo già da qualche tempo aveva annunciato le sue dimissioni e quindi elezioni anticipate. Il resto è storia di tre giorni fa. La Sicilia è già in campagna elettorale. La fantasia politica dell’ex governatore riserverà qualche sorpresa ai siciliani?

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:37