Come è bipartisan la spending review!

Un conto sono i proclami, un altro sono i fatti. Dopo tanto parlare, per l’ennesima volta, i partiti hanno trovato un accordo bipartisan per limitare l’impatto della spending review sull’assetto delle Province (e delle clientele che grazie ad esse possono essere coltivate). Per la sopravvivenza delle Province, la spending review fissa due requisiti: 350mila abitanti e 2.500 chilometri quadrati di superficie. Le amministrazioni al di sotto di questi limiti andrebbero accorpate. Ma subito i partiti hanno iniziato a studiare metodi per aggirare la norma. È spuntata così la «regola del due» che salverebbe Terni, Matera e Isernia, ma metterebbe in difficoltà Varese o Padova, che di abitanti ne hanno molti di più ma che sono più distanti tra loro. La “macchina bipartisan”, alla fine, ha prodotto un sistema in cui le Province non sono più «soppresse» o «accorpate» ma soltanto oggetto di «riordino». A stabilirlo è un l’emendamento messo a punto dal governo e firmato e depositato dai relatori in commissione Bilancio.

Il testo prevede che il Consiglio delle autonomie locali di ogni regione, entro 70 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del provvedimento, approvi «una ipotesi di riordino relativa alle province ubicate nel territorio». Poi, entro 20 giorni, ogni Regione trasmette al governo la proposta di riordino. L’emendamento sottolinea che «il riordino deve essere effettuato nel rispetto dei requisiti minimi» già esistenti sulla popolazione e sul territorio. Il relatore del provvedimento per il Pd, Paolo Giaretta, difende la nuova formulazione e parla di un generico cambiamento «linguistico» che si prodotto per «non dare la sensazione che ci fossero province che vincono e altre che perdono». Non a tutti, però, quest’accordo è piaciuto. Infuriato è il deputato leghista (e piacentino) Massimo Polledri, la cui Provincia sembrerebbe destinata a sparire, che in una nota afferma che «i tagli devono interessare le spese superflue, non quelle che contribuiscono a fornire servizi essenziali ai cittadini». Polledri, che aveva presentato un emendamento (bocciato), insieme ai colleghi Garavaglia, Vaccari, Montani e Franco, intendeva modificare i criteri su cui sarebbe avvenuta la scelta degli enti da tagliare, come ad esempio la “virtuosità”. «La Provincia di Piacenza - spiega Polledri - rappresenta una risorsa fondamentale per il territorio, vederla rientrare nell’elenco degli enti inutili, è un dispiacere oltreché un’ingiustizia». Almeno fino al prossimo accordo “bipartisan”.

(m.l.)

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:08