Lui esprime «il cordoglio e rispetto per la morte improvvisa del dottor Loris D’Ambrosio» ma, nel contempo, respinge «con fermezza al mittente ogni strumentalizzazione che ne viene fatta, quasi a voler fare credere che la colpa sia di chi ha criticato il suo operato e non di chi ha tentato di sfruttare il suo ruolo». Antonio Di Pietro è anche questo, memore forse dei suicidi dei suoi accusati ai tempi dell’inchiesta di Tangentopoli anch’essi (da lui) sfruttati nel loro ruolo. Al leader dell’ormai già malridotto partitucolo (e, con lui, al clan dei velinari delle procure) sfugge il fatto che, alle persone perbene, un trattamento come quello riservato (tra gli altri anche) al dottor D’Ambrosio potrebbe rivelarsi letale: le persone perbene, in altri termini, hanno una morale, una dignità, un’anima, un cuore: veder mettere in discussione tutti i propri valori – in maniera, del resto, arbitraria, forzata e, per di più, anche “sapientemente suggerita” – dal primo ben imbeccato pseudo-moralista d’accatto che passa, può essere deleterio.
Per certe persone, la dignità vale più di ogni altra cosa: anche più di qualche consenso elettorale, di qualche strillo al vento o di qualche copia in più venduta in edicola. Hanno iniziato pubblicando i testi delle telefonate intercorse tra l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino e lo stesso D’Ambrosio e lo hanno fatto con l’obiettivo di arrivare a colpire in qualche modo il capo dello Stato del quale, successivamente, sono stati informati anche dell’esistenza di due telefonate (“integerrimamente” custodite) tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino. Il “partito delle toghe” spaventa, i suoi fiancheggiatori ancor di più: la democrazia va ben oltre la pubblicazione di una conversazione telefonica o di un avviso di garanzia che viene equivocato (ma a seconda dei casi e degli schieramenti di appartenenza degli interessati) per una condanna. Invece «D’Ambrosio ha spesso salvato l’integrità della magistratura» (della quale Di Pietro e ‘portavoci’ vari si ergono a paladini) ma, nonostante ciò «è stato oggetto nelle ultime settimane di attacchi ingiusti e violenti». Questi ultimi virgolettati sono da attribuire al magistrato Ilda Boccassini. Antonio Di Pietro, Marco Travaglio e compagnia tintennante, intanto, procedono incuranti per la loro perfida strada.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:53