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Roberto Formigoni è innocente fino a condanna definitiva. E un avviso di iscrizione nel registro degli indagati non vuol dire che sia colpevole “a prescindere”. C’è un aspetto, però, che non si può fare a meno di evidenziare. Torniamo a quando il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha fatto sapere che il presidente della Lombardia era stato iscritto nel registro degli indagati lo scorso 14 giugno e che «l’iscrizione è stata desecretata». Inoppugnabile, non c’è che dire. Il problema resta sempre il medesimo e non può che essere posto proprio al dottor Bruti Liberati: se la notizia è stata «desecretata» mercoledì 25 luglio, chi ha informato il Corriere della Sera (il 23 di giugno) dell’apertura del fascicolo?

Formigoni smentì la notizia annunciando querela alla testata di via Solferino: abbiamo saputo l’altro giorno che qualcuno aveva invece informato il Corriere prima dell’interessato e la cosa la riteniamo non di poco conto. Anche perché, oggi, determinata stampa (e determinati battitori “liberi” nei social network) puntano il dito contro il governatore lombardo proprio per quella sua smentita. Avrebbe costituito, invece, un vero e proprio “capolavoro” se il procuratore capo avesse annunciato, oltre che l’iscrizione nel registro degli indagati del politico, anche l’apertura di un’inchiesta interna per l’individuazione dei responsabili di quella fuga di notizie. Invece, nulla di nulla. Come se quella (solita) fuga di notizie costituisse quasi una conditio sine qua non nelle vicende giudiziarie italiane.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:09