Elezioni: gli inciuci di Roma e Palermo

L’elettore di strada, croce e delizia del palazzo, ormai si domanda con aria sconfortata “quando si voterà?”. La politica politicante e ridanciana ciurla nel manico... tentando nel frattempo di cantierizzare il voto su Roma e in Sicilia: due importantissimi test elettorali che, qualora avvenissero prima delle politiche, potrebbero rivelare alla “casata” come si comporta il “suddito” nell’urna. Ma il voto anticipato romano e in particolare siciliano non può prescindere dalle dimissioni del sindaco Alemanno e del governatore Lombardo: entrambi sarebbero alla ricerca d’un valido motivo per liberare la poltrona, ma salvaguardando il proprio futuro politico.

Alemanno ha già presentato la sua lista civica, «che non nasce in chiave conflittuale col Pdl ma è una forma diversa di aggregazione politica che può essere tranquillamente complementare al partito» sostiene il sindaco di Roma per allontanare i sospetti di fratture nel centro-destra romano. Ed aggiunge che la sua lista raccoglie il plauso di «Adolfo Urso, Andrea Ronchi, il sindaco di Pavia Cattaneo e Gianfranco Miccichè». Immediata la risposta su Twitter di Francesco Storace (segretario nazionale de La Destra): «Alemanno si ricandida e presenta gli sponsor. Ma a Roma, quanti voti hanno Alfano, Ronchi, Urso, Miccicchè? E, soprattutto, che ne sanno di Roma?». Il segnale è evidente. Storace intende presentarsi solo su Roma, ben sapendo che l’elettorato romano potrebbe bocciare Alemanno. E questo non certo per promuovere il centro-sinistra di Zingaretti. Il ciclone che starebbe abbattendosi sulla Capitale si chiamerebbe accordo Grillo-Di Pietro-Vendola: intesa ancora non definita, ma alcuni sondaggi darebbero a quest’alleanza un 50% di consensi.

E’ evidente che i romani non abbiano l’anello al naso, che abbiano compreso come su Roma si sia giocato un velato accordo Pd-Pdl-Udc sull’Acea. Il pretesto per le dimissioni di Alemanno potrebbe essere proprio la vicenda Acea. Invece in Sicilia si potrebbe assistere all’ennesima furbata: il regolamento dell’Assemblea siciliana prevede che si ricorra alle urne o per scadenza naturale della legislatura o per dimissioni del presidente della giunta, cioè di Raffaele Lombardo. Ma quest’ultimo potrebbe autosospendersi dalle funzioni, demandando cosi al suo vice (e uomo di fiducia) di finire la legislatura (e sotto la sua oscura supervisione). Per il Pid di Saverio Romano e Noi Sud di Arturo Iannaccone (forze alleate) «la Sicilia è il nostro banco di prova». Ma fanno i conti senza l’oste: infatti l’Mpa è ancora il partito più forte in Sicilia, forte perché ha le mani negli uffici giusti ed i pacchetti di voto che contano. Così Lombardo potrebbe gelare tutti autosospendendosi, nel frattempo intavolerebbe una trattativa sia con Udc e Pd che con il Pdl. Non è da escludere che la politica politicante non trovi di meglio che puntare in Sicilia su una persona di fiducia di Lombardo, soprattutto un presidente che garantisca tutti, dal Pd al Pdl: una sorta di Monti per l’Isola.

Così mentre le forze localiste si dicono pronte ad appoggiare sia Castiglione (segretario regionale del Pdl) che Micciché (leader di Grande Sud), invece l’accordo trasversale (quello delle grandi convergenze) si potrebbe avere proprio sul rettore dell’Università di Palermo, Lagalla. Per dirla con parole del ministro Piero Giarda, «la Regione siciliana ha lo statuto autonomista che non consente ingerenze dello Stato».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:03