Cucchi, in un film la tragedia del carcere

Lunedì 23 luglio su La7, Enrico Mentana, nell’ambito del suo programma film evento, ha proposto la visione del film documentario, realizzato dal regista Maurizio Cartolano ed intitolato 148 Stefano mostri dell’inerzia. Questo film documentario ha ricevuto ampi riconoscimenti per il suo alto valore morale e al regista Maurizio Cartolano è stato attribuito ed assegnato il Nastro d’argento dalla giuria composta dai giornalisti, che si occupano di critica cinematografica. Prima che fosse trasmesso il film documentario, Enrico Mentana con il rigore professionale e l’umanità del grande giornalista, indipendente e libero da condizionamenti di sorta, ha posto una serie di domande alla sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, la quale, rispondendo con grande sincerità e senza infingimenti, ha ricordato i momenti difficili vissuti dal fratello, prima che fosse arrestato il 16 ottobre del 2009.

Come è emerso sia dai ricordi di sua sorella Ilaria sia dai racconti di suo padre, su cui il film documentario è basato, Stefano Cucchi ha avuto una giovinezza devastata e rovinata dalla tossicodipendenza. Era un giovane legato al quartiere, quello di Tor Pignattara, in cui era nato e dove si era formato umanamente a Roma. Di carattere e temperamento introverso, come scrisse in una lettera alla sorella Ilaria, fin dal periodo della adolescenza spesso avvertiva una sensazione di smarrimento di fronte alla vita sociale ed alle sue regole. In ogni caso il film, attraverso le testimonianze dei familiari e di quanti lo hanno conosciuto durante la sua breve e sfortunata esistenza, ha il merito di restituire allo spettatore con la forza del racconto il profilo umano e psicologico di Stefano Cucchi, divenuto, inseguito alla sua morte avvenuta in circostanze fino ad ora mai chiarite, il simbolo e l’icona del cattivo funzionamento del sistema penitenziario italiano.

Come ha ammesso suo padre, sopraffatto dalla commozione, e con l’animo dominato da un dolore inconsolabile, Stefano Cucchi era un giovane che, a causa della tossicodipendenza, da cui peraltro aveva tentato di liberarsi frequentando per un periodo una comunità terapeutica, aveva commesso alcuni errori e molti sbagli. Il fatto che fosse un tossicodipendente, con problemi di salute e una persona in difficoltà, non può costituire un attenuante per le responsabilità di quanti, all’interno del tribunale in cui è stato condotto dopo essere stato tratto in arresto il 16 ottobre del 2009, lo hanno sottoposto, come è emerso dalle perizie mediche e legali, ad ogni sorta di maltrattamenti e vessazioni. Infatti in questo momento è in corso di svolgimento, come ha ricordato Enrico Mentana con grande precisione giornalistica durante la trasmissione televisiva, un processo penale in cui sono imputati, in relazione alle cause che hanno provocato la morte di Stefano Cucchi, 12 persone.

La sera del 16 ottobre del 2009 Stefano Cucchi viene colto in flagrante dalle forze dell’ordine, mentre vende sostanze stupefacenti e riceve in cambio denaro, in una zona di Roma, nel parco degli Acquedotti. In base alla ricostruzione dei fatti, compiuta con bravura dal regista Maurizio Cartolano, dopo che le forze dell’ordine in seguito alla perquisizione lo hanno arrestato, perché era in possesso di una esigua quantità di stupefacenti, Stefano Cucchi è stato arrestato e condotto nelle celle ubicate al di sotto del tribunale. In seguito, e questa sequenza dei fatti desta dubbi inquietanti sul modo in cui è stato trattato un cittadino malato ed indifeso, Stefano Cucchi è stato trasferito a Regina Coeli.

Dopo la breve detenzione nel carcere di Regina Coeli, è avvenuto il ricovero presso il Fatebenefratelli, un ospedale di Roma. Infine, il decesso di Stefano Cucchi si è verificato nel reparto detentivo dell’Ospedale Sandro Pertini di Roma. Come hanno ricordato suo padre e sua sorella, trattenendo a stento le lacrime e con accenti improntati a grande gentilezza e signorilità, invano i familiari, dopo avere appreso dell’arresto del loro congiunto, hanno tentato di rivederlo. Ogni loro richiesta, per potere incontrare Stefano Cucchi, si è scontrata con la incomprensibile durezza della burocrazia carceraria, contraria ai sentimenti di umanità e compassione. Dopo alcuni giorni i familiari, increduli e stupefatti, hanno appreso la tragica notizia della morte di Stefano Cucchi, un giovane che aveva bisogno di aiuto e non di essere maltrattato e sottoposto a sevizie di varia natura. I maltrattamenti e le sevizie inflitte e perpetrate nei riguardi di Stefano Cucchi, durante la detenzione seguita all’arresto, sono state confermate e documentate dalle foto scattate sul cadavere all’obitorio. Come ha riconosciuto nel film il professore Luigi Manconi, si tratta di fotografie strazianti e agghiaccianti, le quali dimostrano la brutalità del trattamento a cui presumibilmente, e spetterà al processo in corso di svolgimento accertare le responsabilità e la verità dei fatti, Stefano Cucchi è stato sottoposto.

Le domande che questa triste e dolorosissima vicenda pone sono innumerevoli. E’ ammissibile che le regole dello stato di diritto siano sospese all’interno degli istituti di pena e che il cittadino in stato di fermo, come molte volte è accaduto in passato, sia maltrattato e seviziato dagli uomini in divisa che rappresentano l’autorità dello stato? Non è vergognosa, come non si stancano di ripetere i Radicali Italiani di Marco Pannella e Emma Bonino, la condizione in cui si trovano gli istituti di pena in Italia, sovraffollati e di fatto incapaci di rieducare i condannati, come impone un principio contemplato nella nostra costituzione? E’ concepibile che in un Paese che pretende di essere democratico civile e Europeo, non si sia trovato un modo per evitare la detenzione ai giovani sfortunati che cadono nella schiavitù della droga e che, anche nel caso in cui abbiano commesso dei reati penali, hanno bisogno di essere aiutati e curati con senso di umanità e compassione all’interno di strutture adeguatamente allestite e predisposte?

Un filosofo come Michelle Foucault in un suo meraviglioso saggio filosofico, intitolato Sorvegliare e Punire, ha colto e enucleato quale pensiero e forma di razionalità vi è alla base del sistema penale. Il cittadino, anche quando si trovi in un luogo di detenzione, che sia un carcere, un ospedale psichiatrico oppure una struttura in cui è costretto a vivere, mantiene e conserva sempre la sua dignità umana, che nessuno ha il diritto di offendere e conculcare in alcuna maniera e in nessuna forma. Un film di denuncia, questo documentario realizzato da Maurizio Cartolano sul caso Cucchi, che si spera possa servire a richiamare l’attenzione della nostra classe dirigente sul cattivo funzionamento del sistema carcerario Italiano.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:05