Ieri il Senato ha approvato l’emendamento del Popolo della libertà dando il primo via libera all’elezione diretta del Capo dello stato. Decisivi i voti degli azzurri e della Lega, come anche le astensioni di massa di Pd e Idv. Ma l’iter per trasformare in legge il presidenzialismo è ancora molto lungo, e secondo il deputato del Partito democratico Roberto Giachetti «ormai la finestra temporale è troppo risicata, le riforme istituzionali bisogna considerarle sepolte». Per l’esponente democratico l’unico obiettivo conseguibile da qui fino alla fine della legislatura è la riforma della legge elettorale.

Ma anche su quel fronte, i tatticismi esasperati dei partiti stanno portando verso una fase di stallo. Entro oggi gli esperti delle forze politiche avrebbero dovuto elaborare un testo di massima a partire dal quale incardinare l’intera discussione. «Spero che oggi questo testo arrivi davvero – commenta Giachetti – Anche perché, con il governo impegnato a fronteggiare la crisi, sono i temi più prettamente politici i soli ad essere rimasti in mano ai partiti». Fino ad oggi, osserva l’onorevole, gli esperti si sono limitati a sondare le posizioni di partenza dei vari schieramenti. «Un assurdo, visto che quel che pensano i singoli partiti è noto da tempo. Anche se il fatto più grave è che la discussione sia rimasta confinata nelle stanze dei leader, senza mai approdare in Parlamento». Per questo Giachetti, formatosi alla scuola politica dei Radicali, è arrivato oggi al ventunesimo giorno di sciopero della fame. La sua azione non violenta continuerà finché un testo di legge non approderà in Aula. «Da quando la Corte costituzionale ha bocciato i referendum elettorali, tutti hanno detto che la legge si sarebbe dovuta cambiare» spiega il deputato democratico. «E si continua a battere sullo stesso tasto da allora, ma la discussione si è incastrata nei cunicoli della politica senza mai trovare sbocchi concreti».

L’ex radicale ricorda come oltre un mese e mezzo fa «Alfano, Bersani e Casini avevano fissato i tempi di un’intesa in tre settimane. Oggi i loro plenipotenziari stanno appena concludendo la fase ricognitiva, anche se le posizioni formali sono note da tempo». Il sospetto è che si concluda tutto con un nulla di fatto: «Mi sembra evidente il fatto che ci siano fortissime spinte a tornare a votare con il Porcellum». Anche nel Pd? «Certo, anche nel nostro partito c’è chi spinge in questa direzione». Ulteriore elemento di preoccupazione è il ramo del Parlamento scelto per incardinare la discussione ventura: «Il Senato si trova già impegnato nell’ingarbugliata discussione sulle riforme.

La legge elettorale rischia di complicare il dibattito dell’aula, e se perdiamo questo treno a settembre sarà molto difficile portare in porto una qualsiasi modifica. I tempi tecnici di adeguamento sarebbero molto risicati». Giachetti tende ad escludere il voto anticipato, anche se «la fibrillazione della maggioranza è evidente». Ma per il futuro del proprio partito ha le idee chiare: «La foto di Vasto è seppellita da tempo. Oggi è più possibile un’intesa con l’Udc».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:57