Presidenzialismo, la strada impossibile

Con 120 sì (Pdl, Lega e Cn), 23 no e 11 astenuti, il Senato ha dato il primo via libera (sui quattro necessari) al semipresidenzialismo. Approvato l’articolo 9 del ddl n. 24 che modifica l’articolo 83 della Costituzione prevedendo l’elezione diretta e a suffragio universale del presidente della Repubblica. Passa anche tutto il resto del pacchetto presidenzialista proposto dal Pdl in accordo con la Lega, ma non concordato in commissione, tanto che Pd, Idv e Udc hanno abbandonato i lavori d’aula già dalla scorsa settimana.

Approvati quindi gli altri emendamenti all’art. 9, che modificano gli artt. dall’84 all’89 Cost., regolando, tra l’altro, l’età minima per essere eletti (40 anni), la durata del mandato (5 anni), il sistema di voto (ballottaggio tra i due candidati più votati nel caso non si raggiunga la maggioranza assoluta al primo turno), gli atti presidenziali (tra cui lo scioglimento delle Camere), la nuova disciplina dei finanziamenti e delle spese per la campagna. Approvato anche un emendamento sostitutivo dell’art. 10 che modifica gli artt. 92, 93, 95 e 96 Cost. sui diversi rapporti di potere tra presidente, premier, governo e Parlamento. Il capogruppo del Pdl al Senato Gasparri sottolinea il «voto storico», frutto di una «battaglia pluridecennale», e Cicchitto, capogruppo alla Camera, parla di «salto di qualità» nel dibattito sulle riforme.

Il segretario Alfano auspica «che il Pd non faccia perdere questa occasione all’Italia», ma la capogruppo democratica al Senato Finocchiaro denuncia lo «strappo» compiuto dal centrodestra e attacca: «Sanno benissimo di mentire, sanno che non sarà mai legge». Una lettura in qualche modo avvalorata dal voto in dissenso di due senatori del Pdl, Pisanu e Saro, che pur «favorevoli» obiettano che «la via è sbagliata e nelle migliori delle ipotesi ci porterà a una bandiera da sventolare e non a un progetto da realizzare». Anche Bersani bolla il voto di oggi come un «gesto irresponsabile, inutile e del tutto inconcludente» da parte del Pdl, che spera non abbia conseguenze sulla legge elettorale, che «va fatta subitissimo» e sulla quale il Pd è «assolutamente flessibile». Un «tema che non esiste» per Casini. Difficilmente il semipresidenzialismo passerà l’esame della Camera e approderà alle seconde letture necessarie per diventare legge. Più che i tempi, che ci sarebbero, sembrano mancare le condizioni per uno scambio politico (presidenzialismo-doppio turno di collegio) che il Pd non ha alcun interesse ad accettare. E per procedere da sola la vecchia alleanza di centrodestra dovrebbe superare ben tre prove di forza d’altri tempi.

Per alcuni aspetti, che si sono accentuati con l’attuale crisi finanziaria, il nostro sistema è già semipresidenzialista. Il capo dello Stato è arrivato a condizionare l’agenda legislativa e a dettarne i tempi, viene interpellato dal premier sulle scelte dell’esecutivo, esercitando un controllo a volte preventivo sugli atti del governo, e si è persino scelto un presidente del Consiglio al di fuori delle forze parlamentari, traghettando il paese in una nuova stagione politica. Ampi poteri, insomma, esercitati abilmente da Napolitano in modo da non violare formalmente il dettato costituzionale, ma che delineano un ruolo attivo al quale un’investitura popolare diretta conferirebbe maggiore legittimità.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:55