Perché da 1200 anni a questa parte chi vive nell’Europa mediterranea deve subire i continui attacchi etici, morali, economici di chi si ritiene di volta in volta erede dei vari padri dell’unità politica del Vecchio Continente? Tutto è iniziato con Carlo Magno, e a seguire il Barbarossa, Luigi XIV, Napoleone, Adolf Hitler, Jean Monnet, Helmut Kohl, Gerhard Schröder e giù fino alla nostra Angela Dorothea Merkel. È dal tempo dei Carolingi che prima le monarchie e poi i governi democratici cercano di riunire poteri fiscali, amministrativi e politici nelle mani d’un “gran siniscalco”: era il progetto di Carlo, germanico re di Franchi, che voleva tutto s’amministrasse tra Liegi e Aquisgrana, tra Strasburgo e Bruxelles. Così il “siniscalco” europeo doveva decidere come e quanto tassare e come dovesse vivere un italiano o un iberico. In parole povere, gli europei mediterranei si sono allineati più volte nella loro storia ai dettami franco-tedeschi.
Il gioco s’è tinto di democrazia nel 1950, quando Monnet decise fosse venuto il momento di tentare il passo irreversibile verso l’unione dei paesi europei: nasce il testo di quella che passerà alla storia come la “dichiarazione di Schuman”. Da quel giorno non c’è stata più via di scampo per noi mediterranei, solari, abili ad arrangiarsi... pian pianino ci siamo dovuti allineare ai dettami del “gran siniscalco”. E badate bene che tutti, dal Barbarossa alla Merkel, non hanno che indicato in Carlo Magno il padre dell’Europa unita, della moneta unica, della pace. Ma quale pace e quale moneta unica? L’Europa si conferma un sogno basato su guerre (oggi economiche) e su ricchezze franco-tedesche con conseguente povertà dall’Italia alla Spagna. A cospetto dei documenti redatti durante gli incontri tra Carlo Magno e Papa Leone III (la raccolta Rex Pater Europae) emerge che la Roma dell’epoca (quella del Papa) era grata all’Europa dell’epoca (quella del franco Carlo) quanto e più dei governanti di oggi: spiegavano che la salvezza è nel Sacro Romano Impero, che sarebbe folle distruggere quell’unità. Le stesse parole che oggi ci vengono quotidianamente vendute su Merkel ed Euro.
Di fatto il re franco è stato il promotore d’uno spazio politico ed economico riconducibile all’attuale assetto politico-economico europeo. Non dimentichiamo che per tutta la prima metà del Ventesimo secolo, storici francesi e tedeschi si sono disputati la primogenitura del “Sacro Romano Impero”: una disputa tutta in toni nazionalistici, e con la deplorevole esclusione di italiani, greci, spagnoli e portoghesi, ritenuti al rimorchio come zavorra o quasi. Qualche mediterraneo obiettava che Carlo Magno non si poteva considerare né francese né tedesco, e poiché i due popoli non si erano ancora formati in quel pezzo di Medioevo. Subito i tedeschi ribattevano che il re franco aveva sanato la frattura etnica tra germani e latini, lasciando una forte impronta geografica all’Europa futura.
È evidente che Carlo Magno abbia abilmente mischiato le carte, dopo di lui nessuno ha più avuto ben presente chi fossero i “romani” e chi i barbari “germanici”. E c’è di peggio: questa nuova visione europea (oggi occasionalmente imperniata nella Merkel) sta nuovamente ripiegando su se stesso il Vecchio Continente, contraendo commerci e circolazione delle ricchezze: l’Italia è vittima di chi sta “infeudando” nuovamente l’Europa. A sostegno di questa tesi c’è la documentazione carolingia, le tante disposizioni in materia di politica fiscale: l’imposta fondiaria veniva calcolata all’epoca del “grande siniscalco” come la nostra Imu, veniva percepita dalle popolazioni del Sacro Romano Impero come una tassa che alimentava le casse regie per mantenere l’onerosa burocrazia (gli antenati dei nostri dirigenti pubblici). Anche da un punto di vista sociale e produttivo non c’era gran differenza: coloni e servi lavoravano nei fondi fiscali e sapevano che l’unico ascensore sociale era per i loro figli entrare a corte o arruolarsi.
L’Impero carolingio conservava elementi continuativi con l’età tardo-romana, peculiarità che riemergono nella percezione sociale che ha dell’Europa la periferia italiana: valga l’esempio dei mestieri che poteva o non poteva praticare il popolo dell’epoca, per certi versi è come l’Unione europea di oggi che vieta l’apertura di carrozzerie ed officine o limita l’allevamento e l’agricoltura. In definitiva, il continente governato da Carlo Magno appare agli occhi del moderno cittadino Ue come straordinariamente familiare: un continente dove abbiamo un settentrione integrato ed un sud mediterraneo in difficoltà. Anche in epoca carolingia esisteva un sud bizantino, che dalla Calabria alla Sicilia, passando dalla Puglia all’entroterra campano, si contraddistingueva per commerci floridi e palese evasione fiscale. E non c’era accordo tra siniscalchi e catapani bizantini che potesse garantire le tasse: venivano puntualmente evase, e le ricchezze venivano reinvestite nel Sud, invece di finanziare i vari tasselli burocratici. In 1200 anni il Sud s’è ribellato più volte al Nord, e questo grazie ai vari governati italiani e spagnoli. L’italiano Giovanni della Bande nere le aveva suonate a dovere agli eserciti dell’imperatore germanico, ed ormai siamo nel 1500.
E non dimentichiamo che la religione luterana, protestante, di tedeschi, francesi ed olandesi fu nel 1600 ottimo pretesto spagnolo per aggredire gli antenati dell’Unione europea. Nel 1600 gli antenati luterani della Merkel regnavano da Maastricht a Bruxelles. Siccome Breda (ex importante possedimento della casa d’Orage-Nassau) era caduta in mani spagnole (quindi cattoliche) i luterani olandesi decisero di marciare contro gli spagnoli, e con la scusa di liberare le popolazioni dal giogo cattolico. A Breda si giocò la prima moderna guerra di trincea, con bombe e archibugi: italiani, spagnoli, portoghesi si ritrovarono uniti contro i franco-tedeschi. Il re di Spagna aveva detto loro che si trattava di lottare contro gli eretici, e tanti s’arruolarono in quell’armata cattolica benedetta dalla Santa Inquisizione. Ancora una volta due modelli a confronto, il mediterraneo e il tedesco, il solidarista solare e l’econometrico tedesco. Proprio come oggi.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:15