
La legge è legge. Uno.
Si obietterà, parafrasando un non eccelso film di Christian-Jaque con Totò e Fernandel, che “La legge è legge”. D’accordo, però…Siamo a Trento. Un giovane marocchino viene sorpreso all’uscita di un supermercato con in tasca una confezione di formaggio non pagato. Un furto di 3,80 euro che aveva messo in moto la macchina della giustizia, cosicché, arrivata la polizia, redatto il verbale, scattata la denuncia, inoltrata alla procura, processo…
Ora sappiamo come la vicenda è andata a finire. Il giudice ha derubricato il reato da furto semplice a furto per bisogno, reato previsto dall’articolo 626 del codice penale. Si tratta del reato che viene commesso in stato di necessità e che ha per oggetto cose di tenue valore. Così il giudice ha condannato sì il cittadino marocchino, ma solo al pagamento di una multa di 50 euro e poi gli ha concesso la sospensione condizionale della pena. Così l’imputato non dovrà pagare neanche la multa.
Lo Stato, cioè la collettività, cioè tutti noi, quanto paga tutta la vicenda? Il costo dell’intera macchina della giustizia, compresa la parcella per il difensore d’ufficio, oltre al costo dell’apparato, e il tempo speso dalle forze dell’ordine intervenute... tutto per un pezzo di formaggio, che, per inciso, era stato restituito integro. In omaggio al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale.
La legge è legge. Due.
Non è reato scuotere tovaglie o tappeti in condominio. Lo stabilisce la Corte di Cassazione: «Lo sbattimento di qualche tappeto e lo scuotimento di qualche tovaglia non integra una condotta penalmente rilevante per l’impossibilità di causare imbrattamenti e molestie alle persone». Così la prima sezione penale ha annullato una condanna per getto pericoloso di cose inflitta dal Tribunale di Genova ad una donna albanese, Rolanda M., accusata di avere più volte gettato o versato cose capaci di imbrattare e molestare il terrazzo di sotto. Una molestia che, secondo l’accusa, era dovuta anche allo scuotimento di tappeti e tovaglie. Contro la condanna inflitta il 25 marzo 2011, Rolanda M. ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che i condomini del palazzo avevano sempre escluso di aver ricevuto molestie dal suo comportamento. La Cassazione ha accolto il ricorso di Rolanda M. e annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti non sussistono: scuotere tovaglie o sbattere qualche tappeto in condominio non può essere punito in base all’art. 674 c.p.. La norma, spiega dottamente la Cassazione «deve essere intesa alla luce dell’interesse perseguito con l’incriminazione concernendo la prevenzione di pericoli per una pluralità di soggetti». Sempre la Cassazione ha assolto anche il coinquilino di Rolanda M., che era stato condannato per il reato di disturbo delle occupazioni con schiamazzi anche in tarda serata. Anche in questo caso il disturbo non era tale da «mettere in pericolo la tranquillità di un numero indeterminato di persone». Da qui l’assoluzione.
Vale la riflessione che abbiamo fatto per il furto di formaggio: lo Stato, cioè la collettività, cioè tutti noi, quanto paga tutta la vicenda? E non è ridicolo che la Cassazione debba occuparsi anche di vicende come queste?
La legge è legge. Tre.
Si chiama Giorgio Barile, informatico comunale, un passato di bagnino comunale a Vesima, in Liguria. Una mattina nota che un bambino di sei anni, sfuggito al controllo dei genitori, annaspa in acqua, è in evidente difficoltà, sta annegando. Barile prontamente si getta in acqua, poche vigorose bracciate, raggiunge il piccolo. Il mare però non si arrende. Le onde spingono i due sugli scogli, Barile col suo corpo fa scudo e protegge il bambino. Alla fine il salvataggio riesce, ma non senza conseguenze: Barile riporta quelle che la perizia definisce «traumi irreversibili alla mano sinistra, compromettendola definitivamente». In ospedale l’articolazione viene ricostruita, poi altri interventi, anche se nessuno risolutivi. «La funzionalità della mano sinistra è recuperata solo parzialmente». Significa dolore articolare cronico con cui convivere, e un arto «la cui funzionalità è alterata irrimediabilmente».
Il comune prende atto della «peculiarità del caso e la non ordinarietà dell’intervento di soccorso», dà l’ok. Impone però una clausola: la rinuncia a chiedere «in alcun modo il pagamento degli emolumenti e/o indennità previsti dalla normativa fino a quando il comune di Genova non riceverà i fondi dallo Stato sull’istituendo apposito capitolo di spesa nel bilancio comunale». Significa che quando il ministero erogherà i fondi, a Barile spetteranno circa 35mila euro.
Barile oggi fa il tecnico informatico comunale. Il salvataggio del ragazzino è del 19 agosto 1986. Per ottenere giustizia, Barile ha impiegato “solo” 26 anni.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:15