
Il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, lo aveva già detto a marzo: «In Italia gli onesti pagano troppe tasse». Lo ha ribadito ancora una volta: nel nostro paese esiste «una situazione di forte squilibrio nel prelievo fiscale ed ingiusto vantaggio di coloro che hanno concreta possibilità di autodeterminare la base imponibile dichiarata».
Insomma, le tasse sono troppe, troppo alte, e le pagano sempre le stesse persone. Quelle, per giunta, che se potessero pagarne meno avrebbero una maggiore propensione al consumo, e ad aiutare l’asfittica economia nazionale a ripartire. All’allarme di Giampaolino si aggiunge adesso quello della Bce, che punta il dito in particolare sull’Imu: secondo la banca centrale del Vecchio Continente il mercato immobiliare italiano rischia infatti di subire ripercussioni pesantissime a causa «delle misure decise per il risanamento dei conti pubblici, come l’aumento delle tasse sulla casa e la graduale cancellazione delle detrazioni fiscali a favore dell’investimento nel settore residenziale».
Secondo le proiezioni più pessimistiche, la pressione fiscale reale (ovvero quella al netto dell’economia sommersa, che per definizione le tasse non le paga) potrebbe toccare nel 2013 addirittura il 54% dei redditi, una percentuale mai vista prima. Già solo l’Imu, l’imposta municipale unica chiamata a sostituire la vecchia Ici (e a spremere anche qualcosa in più) verrà a pasare sulle famiglie italiane per il 62%, con un ammontare stimato complessivamente in 6,2 miliardi di euro dell’incremento di spesa per i nuclei familiari italiani rispetto ai tempi della vecchia imposta sugli immobili. Non andrà meglio per le imprese, che in alcuni casi si troveranno a dover affrontare aumenti anche dell’82%.
Senza contare la lunga sequela di balzelli minori con i quali gli enti locali proveranno a spremere dal contribuente quello che non riceveranno più dallo stato: oltre al rincaro dell’Irap sono in ballo anche il bollo auto, l’addizionale regionale sul gas metano e l’imposta regionale sostitutiva, i tributi ambientali provinciali, l’imposta di pubblicità, l’imposta sull’occupazione degli spazi pubblici ed altri tributi minori.
Il premier, Mario Monti, ha promesso che sgravi fiscali arriveranno dai risparmi della spending review. Già, ma quali risparmi? I tagli languono, hanno un calendario incerto e sono ostaggio delle corporazioni che non ci stanno a perdere le rendite di posizione. Per questo è più facile lasciare che a pagare siano sempre gli stessi.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:02