
L’art. 19 della manovra firmata da Monti a fine anno (DL 6/12/2011 convertito nella L 22.12.2011 n. 214) ha introdotto una serie di nuovi balzelli a carico delle persone fisiche residenti nel territorio italiano che si possono sintetizzare:
1) Imposta dello 0,76% sugli immobili situati all’estero detenuti da residenti in Italia, a partire dal 1° gennaio 2011;
2) Imposta dello 0,10% per il 2011 ed il 2012 e del 0,15% dal 2013 sulle attività finanziarie detenute all’estero da residenti in Italia;
3) Un prelievo dell’1% nel 2012, dell’1,35% nel 2013 e dello 0,4% dal 2014 sui capitali “scudati ma ancora segregati;
4) Un’imposta straordinaria dell’1% sui capitali “scudati” che siano stati prelevati dal rapporto di gestione o deposito degli stessi acceso per effetto del rientro.
In questa sede non si vuole valutare dal punto di vista politico questa parte della cosiddetta “manovra Monti”, si vuole piuttosto analizzare la correttezza di tali provvedimenti dal punto di vista del rispetto del diritto e della democrazia, forma di governo che dovrebbe essere quella vigente nel nostro Paese.
Al riguardo giova ricordare come l’Art. 11 delle “Disposizioni sulla legge in generale” reciti: «La legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetto retroattivo»; al contempo recita il II° comma dell’Art. 25 della Costituzione Italiana: «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso». E’ storicamente ed unanimemente riconosciuto che la sinergia dei due articoli sopra citati comporti il principio di non retroattività della legge nell’ordinamento giuridico italiano, è pertanto lapalissiano come una legge, perché di questo trattasi la legge 22.12.2011 n. 214, non possa imporre ad alcuno adempimenti per periodi precedenti alla sua entrata in vigore, la quale nel nostro caso si identifica nel 6.01.2012, stante il noto istituto giuridico della “vacatio legis”.
Con riguardo ai punti 1) e 2) la situazione ben si rappresenta con una metafora: in Italia esiste una legge che vieta la circolazione sul territorio italiano di residenti che indossino pantaloni gialli ed il contravvenire a tale legge comporta ammenda di Euro 10,00, nulla però vieta al residente di circolare all’estero con i medesimi pantaloni; il 6 gennaio del 2012 entra in vigore una legge, approvata il 22.12.2011, per la quale i residenti in Italia che abbiano circolato all’estero indossando pantaloni gialli nel corso del 2011 debbono versare multa di Euro 10,00.
Circa i punti 3) e 4) la questione è ancor più comica: il cosiddetto “scudo fiscale 2009” prevedeva, per la regolarizzazione di capitali non dichiarati all’estero, una aliquota fissa del 5% e stabiliva che: «il rimpatrio ovvero la regolarizzazione si perfezionano con il pagamento dell’imposta e non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente, in ogni sede amministrativa o giudiziaria, in via autonoma o addizionale». E’ come se, consentitemi un’altra metafora, il nostro buon governo ti dicesse: «ok, per avere un certificato di residenza devi darmi Euro 5,00 per spese amministrative ma poi non ti chiederò più nulla» e poi, tre anni dopo, vi chiede un altro Euro all’anno per i prossimi quindici anni.
Non sono un fine giurista né tantomeno un giudice della Corte costituzionale, ma tali norme, perché questo è un sinonimo ampiamente usato della parola Leggi, appaiono allo scrivente, e non solo a lui, assolutamente anti democratiche e finanche incostituzionali.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:08