Una trappola per Gherardo Colombo

Criticare e non fare è lo sport nazionale, in particolare per la televisione di Stato. Tutta chiacchiere e distintivi. Ora nel consiglio di amministrazione abbiamo anche il magistrato Colombo, esperto di diritto amministrativo, revisore dei conti, docente di economia d’azienda, professore di scienza della comunicazione, sociologo di chiara fama, giornalista top ten. Se non pagassimo noi e l’Azienda non venisse definita lo strumento più efficace per l’acquisizione del consenso politico, ci sarebbe veramente da ridere.

Il buon Di Pietro dovrebbe tuonare “ma che c’azzecca”, nel suo slang di stretta fattura inglese. Criticare la persona Colombo ti fa male al cuore. Una faccia pulita, una bella persona, una figura di uomo onesto senza macchia, corretto all’infinito, un percorso professionale ineccepibile. Lo vedrei bene vicepresidente del Csm, presidente della Camera dei Deputati, del Senato della Repubblica, ma anche più modestamente governatore di qualche regione. E se mi è consentito, perché no, presidente della Repubblica Italiana (ci farebbe fare solo belle figure). Il suo profilo per il consiglio di amministrazione della Rai proprio non va. E’ ovvio l’intendimento del Pd, ma questa volta hanno esagerato per eccesso, come capita da tempo, non avendo personaggi presentabili: una volta è Vendola, un’altra De Magistris, un’altra ancora Pisapia e poi Doria, Castiglion e via cantando, tutti a sinistra della sinistra (che vorrà dire lo sanno solo loro).

No, fulgido esempio di magistrato che vorremmo, non accetti l’incarico, è una trappola, un trappolone. Capisco che umanamente si senta gratificato, liberato da quelle tristi catene della norme che si sommano e si moltiplicano come le cavallette e si contraddicono in proporzione geometrica alla quantità. Il lavoro nuovo è sicuramente più piacevole, forse più affascinante (incontri, conferenze, cerimonie, dibattiti culturali, lotte di potere, veleni incrociati, intrighi di palazzo), ma non è per Lei e forse neppure per i due economisti ed aziendalisti nominati da Monti.

Sono facile profeta se predico che Le faranno fare una brutta figura. Veda si può dire tutto il male del mondo sui politici, ma sono abilissimi nel creare trappole, nell’incastrare le belle persone, nel trovarsi alla fine di un percorso vergini come le suore di clausura. Si troverà lacerato da un senso di solitudine e di inadeguatezza, dovrà affrontare un eterno dilemma della politica. Dovrà scegliere se rimanere “puro” oppure se “sporcarsi le mani”. Da una parte la pragmaticità di chi è pronto al compromesso anche a costo di tradire le proprie idee, dall’altra l’integrità e gli ideali che, però, rischiano di infrangersi contro la durezza della realtà. Rifiutare di scendere a patti è pura utopia. I giochi di potere e gli intrighi si riveleranno ben più complessi di quello che crede. Le consiglio la lettura dell’opera di Jean Paul Sartre, Le mani sporche, composta nel 1948. Al momento della rappresentazione attirò le ire del partito comunista francese a tal punto che lo scrittore decise di ritirare il permesso per la messa in scena. Un bivio, una scelta impossibile, di un dilemma mai risolto fino in fondo. Una tensione che attraversa tutta la storia delle utopie e delle ideologie rivoluzionarie senza riuscire mai a sciogliersi davvero. Si faccia consigliare dal sommo Giulio, Lui li conosce bene e sa come difendersi. Valuti che Caselli, il Suo collega di grado più alto, ha tentato per 10 anni di incastrarlo e non ci è riuscito, nonostante il volume di fuoco a disposizione.

Tenga conto che Lei è entrato nel regno del pressappoco. Il vero regime che ha governato l’Italia.

Una lunga catena di errori che hanno funestato il popolo italiano, che hanno lacerato il tessuto sociale, che hanno prodotto il debito pubblico tra i più alti al mondo e creato le condizioni per la caduta dell’Italia, collocandola negli ultimi posti delle classifiche mondiali. Il male delle ideologie comuniste, socialiste, postcomuniste, postsocialiste, le pratiche folli della cosidetta sinistra; diritti per tutti, doveri pochi, tutto gratis; proteste di piazza; pericolose e violente minoranze decidono per tutti i benpensanti. L’avvento delle idee-forza, delle dichiarazioni rivoluzionarie, la esaltazione di improvvisati capi popolo hanno prodotto il regime del pressappoco. Una caduta culturale, scientifica inarrestabile. Personaggi senza qualità, senza conoscenze adeguate sono assurti a testimonial del cambiamento, icone di una rivincita politica che poggia sul nulla, su temerarie frasi ad effetto mediatico, riprese come verità assolute da una stampa asservita agli interessi di editori-imprenditori che difendono i propri interessi economici con dossier sulla vita privata dei cittadini. Il vero scandalo sono questa pletora di incauti commentatori, di opinion maker periferici, di ignoranti con la lode, che formano l’opinione pubblica di inappropriate cognizioni per il confronto e il dibattito.

La parte migliore del popolo italiano, quella colta, che pensa con la propria testa si allontana dalla politica, perché capisce di essere  ingannata, matura una potente sfiducia in coloro che ritengono di rappresentare il popolo sovrano. Un’altra parte somara, fondamentalista, incapace di discernimento, segue supinamente impresentabili leaders della c.d. sinistra, pensando ad un futuro migliore senza Berlusconi, per lasciare il posto ai Casini, ai Rutelli, ai Fini, ai Bersani ed anche alle Bindi. Per l’avvento del vero regime del pressappoco, della farsa, della somaraggine istituzionale. Un vero cambiamento. È facile raccontare i mali del mondo, difficile è trovare e praticare  le soluzioni ai problemi. E praticare le soluzioni vuol dire trovarsi tutti contro, perché ogni soluzione comporta sacrifici e rinunce. Se il 52% del Pil (il reddito di tutti gli italiani) viene sperperato dalla azienda pubblica: comuni, province, regioni, Asl, comunità montane, enti pubblici di incerta natura, ministeri, più una pletora di associazioni, istituti, Autority ed anche Ong, più contributi, incentivi, sovvenzioni di vario genere, non si comprende come diminuire le imposte e le tasse ed abbassare il tetto del debito pubblico (1.900 mld). Per ridurre il peso dei tributi che impediscono la crescita bisogna drasticamente debellare l’intero apparato pubblico, fonte di corruttele, totalmente improduttivo (salvo qualche ufficio altamente efficiente) con effetti collaterali negativi incalcolabili, compresa la Rai tv. Quando avremo il coraggio di ammettere che l’azienda pubblica non funziona?

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:01