
Pochi prestiti, mutui solo a chi è supergarantito, e tassi vertiginosi al limite dello strozzinaggio. Non è solo un problema delle imprese italiane. Anche i privati cittadini, specie se giovani e precari, hanno il loro bel daffare per ottenere un prestito dalle banche. E, quando ci riescono, devono anche sottostare a contratti capestro illegali per l’attivazione di polizze collegate al mutuo che, in caso di incendio o distruzione dell’immobile, o morte del contraente, garantiscono all’istituto di credito erogante di rientrare di tutto il denaro prestato.
La denuncia di queste pratiche scorrette è di Altroconsumo, che ha sguinzagliato i suoi cronisti di banca in banca per documentare il fenomeno. Il panorama che emerge dall’inchiesta è desolante: gli 007 dell’associazione per i diritti dei consumatori hanno visitato 185 agenzie bancarie distribuite in 12 città italiane, provando a chiedere un mutuo di 100mila euro della durata di 20 anni. Nel 68% dei casi è stato chiesto ai finti clienti di acquistare contemporaneamente una polizza incendio e scoppio, e nel 22% una polizza vita di cui la banca sarebbe stata beneficiaria. Tutto questo nonostante dallo scorso 2 aprile l’Isvap (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, ovvero l’authority delle assicurazioni) abbia espressamente vietato alle banche di essere contemporaneamente soggetto erogante del mutuo e della polizza collegata. Come se non bastasse, l’aperta violazione delle norme di legge porta un indebito guadagno nelle casse della banca: il mutuo, infatti, costa al cliente in media 6.800 euro in più del normale, con punte di 21.600 euro.
Ma non basta: la maggior parte delle agenzie non informa nemmeno il cliente delle eventuali agevolazioni, preferendo pilotarlo su prodotti più costosi e quindi più lucrativi per se stesse. È il caso del Fondo di Garanzia per l’acquisto della prima casa che l’ex ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, aveva attivato di concerto con l’Abi per garantire mutui a tasso agevolato fino a 200mila euro alle giovani coppie italiane con un reddito derivante almeno per il 50% da lavoro precario. Al Fondo di garanzia avevano aderito gran parte dei maggiori istituti di credito, e l’elenco completo delle banche è ancora pubblicato on-line sul sito www.diamoglifuturo.it, ma la sottoscrizione è rimasta di fatto una specie di lettera morta: secondo quanto riportato dall’indagine di Altroconsumo, quasi il 90% delle agenzie visitate hanno detto di non conoscere il fondo di garanzia del governo, e solo 9 su 71 hanno presentato invece piani di mutualizzazione sulla base dei tassi di favore previsti dal fondo.
Sarà forse che la liquidità scarseggia, e per questo le banche sono impossibilitate ad allargare troppo i cordoni della borsa? Nient’affatto. All’inizio del marzo scorso la Bce ha stanziato qualcosa come 530 miliardi di euro direttamente nelle casse delle banche (139 miliardi destinati a quelle italiane) per garantire agli istituti di credito la liquidità necessaria ad attivare nuovi prestiti per privati e aziende, e rimettere in moto l’economia. Ed era solo la seconda tranche di un mega prestito al vantaggiosissimo tasso dell’1% che, complessivamente, superava i 1.000 miliardi.
Che fine ha fatto tutto questo denaro? La destinazione non era vincolante, e allora le banche hanno preferito utilizzarlo in larghissima parte per ripianare i propri debiti. E sulla quota irrisoria dei fondi Bce effettivamente destinata ad attivare nuovi prestiti, le banche hanno caricato interessi fino a 6 volte superiori a quell’1% al quale avevano ottenuto i soldi dall’Europa.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:54