Squinzi e la Cgil per la patrimoniale

Sì alla patrimoniale ma solo «se fossimo in emergenza», asserisce il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi nel corso del dibattito col segretario Cgil Susanna Camusso. Per Squinzi, però, la patrimoniale non dovrebbe pesare sulle imprese: suggerisce d’ispirarsi alla tobin tax europea. Gli applausi del popolo Cgil al presidente di Confindustria stanno a significare che il vertice di Confindustria appoggia lo sciopero generale indetto dal sindacato della Camusso: gli industriali chiedono a Monti che si raschi il fondo del barile, che si metta di sedere a terra la classe media, quindi si metta la patrimoniale. Cgil e Confindustria, piuttosto che «l’accetta su sprechi ed il taglio orizzontale per fare cassa» (parole della Camusso), preferiscono una «patrimoniale che possa accantonare definitivamente la spending review».

«Dobbiamo evitare la macelleria sociale ma si deve razionalizzare e semplificare la Pa. Perché abbiamo ridondanze che vanno eliminate - dice Squinzi -. Questo della spending review deve essere considerato un primo intervento ma c’è ancora da fare moltissim». Ma la parola spending review non piace all’uditorio Cgil, Squinzi lo comprende e cambia sentiero: così si lancia nella bocciatura a tutto tondo (un vero sfalcio orizzontale) di tutto l’operato del governo. E che fine ha fatto la parte dura e pura di Confindustria, quella che avrebbe gradito licenziamenti alla greca e senza ammortizzatori sociali per attutire la botta? C’è da credere abbia ragione Marchionne, Confindustria è morta. Correggiamo il tiro, s’è alleata con la Cgil perché nessuno possa alzare il dito e gridare “Compagno industriale in quale paradiso fiscale hai investito decenni di profitti industriali?”. Non dimentichiamo che proprio il presidente di Confindustria ha bollato la riforma del lavoro come una «boiata pazzesca»: aggettivazione fantozziana che da la misura del rapporto ormai in essere tra Squinzi e la Camusso: il primo sta alla seconda come il ragionier Ugo al Pandirettoremegagalattico Conte Duca Barambani.

Atteggiamenti e frasi che avevano suscitato polemiche e sorrisi da entrambe le fazioni, cioè sia dai duri e puri che vorrebbero un buon elettrochoc per i dipendenti (operai e impiegati da licenziare senza paracadute alcuno) che dai sinistri consci di come Giorgio Ugo Squinzi Fantozzi stia recitando una parte, quella del filocigiellino di comodo. Lungi dal difendere Monti, non possiamo dimenticare che «l’economia italiana sull’orlo di un abisso» di Squinzi (qui Fantozzi abbandona la Corazzata Potëmkin e si lancia ne La fin absolue du monde) ha permesso a Monti un commento del tipo «sulle parole del presidente di Confindustria mi sto imponendo una moderazione interpretativa». E “Ugo” Squinzi insiste con «il mio giudizio è ancora sospeso, ma da un governo tecnico mi sarei aspettato cose che non sono state ancora fatte, per esempio sul sostegno alla ricerca: in ogni caso, comunque, il governo dei tecnici deve essere una parentesi poi bisogna tornare alla politica». Squinzi si bea dell’apprezzamento di Camusso, Bersani, Vendola. Evidentemente Squinzi non si rende conto che, se Monti avesse voluto suggellare un patto governo-sindacato dal sapore veterocomunista, avrebbe già da un pezzo appioppato una pesantissima patrimoniale, colpendo i beni su suolo italiano che vanno dalla piccola all’alta borghesia. Siccome Monti fa finta di giocare all’indiano, nei fatti capisce bene fin dove può spingersi, ecco che questo governo (in cui militano ministri e sottosegretari d’estrazione borghese) ha deciso di non  fare la tassa “anti-borghesia” ovvero la patrimoniale. «Dopo aver vissuto 30 anni da cicale, ora cominciamo a pensare da formiche - insiste Squinzi - anche una patrimoniale, che però non dovrebbe toccare le imprese». In pratica una patrimoniale selettiva, messa nero su bianco dai centri studi di Confindustria e Cgil, e dopo un lavoro in comunione, poi passata a Monti che l’approverebbe per decreto. Questa si che è una boiata pazzesca, ci sia concesso il fantozzismo. Aveva ragione Marchionne nel sostenere che «Confindustria così com’è non serve a niente, anzi contribuisce a mettere fuori gioco l’economia italiana». E cosa ribatteva il neoeletto Giorgio “Ugo”? «Il modello Marchionne non è il mio, io sono per un modello di relazioni sindacali condivise». Fortunatamente all’estero viene più ascoltato Ignazio Visco (numero uno di Bankitalia) che lo Squinzi. “Il governo è sulla strada giusta - dice Ignazio Visco - e deve insistere il più possibile sui tagli alla spesa per arrivare ad abbassare le tasse”.

Evidentemente Squinzi non si rende conto che una nazione non è fatta solo d’industriali, soprattutto il presidente di Confindustria non deve aver afferrato che Monti entro agosto deve licenziare una “spending” che riguardi il finanziamento ai partiti, quello ai sindacati (amici di Squinzi), le agevolazioni fiscali. Un putiferio di roba per cui già si prevede un poderoso ingorgo istituzionale, anche perché la delega fiscale è in giacenza alla Camera. Ergo Monti ricorrerà nuovamente alla fiducia, e nonostante i musi storti di partiti, sindacati e soloni della comunicazione. E se il paese è retto dalla strana maggioranza Pd-Pdl-TerzoPolo, nell’impresa ormai detta legge la strana coppia Squinzi-Camusso. Monti accusa Squinzi di «far aumentare gli spread», quindi il presidente del Consiglio aggiunge «credevo che gli imprenditori volessero il taglio della spesa, non nuove tasse».

Non dimentichiamo che nel luglio del 2004, proprio a Serravalle Pistoiese, Luca Cordero di Montezemolo e Guglielmo Epifani strinsero un patto perverso e nefasto: paralizzò per cinque anni la riforma degli assetti contrattuali, cioè quella modernizzazione delle relazioni industriali favorita dalla legge Biagi. L’Italia non intercetta da più di 20 anni le fasi di sviluppo economico per via dei tappi sindacali e confindustriali. E quando Giorgio Squinzi bolla la spending review del supercommissario Enrico Bondi come «una macelleria sociale», aiuta chi in Europa da sempre condanna gli investimenti industriali in Italia.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:11