I propositi inutili del governo

Le parole servono per comunicare ad altri il proprio pensiero, le proprie aspirazioni o progetti, come pure una preghiera o una minaccia. 

Bravi sono coloro che riescono nell’intento di comunicare con precisione e concisione, senza venire fraintesi. Altrettanto bravi sono coloro che ascoltando, riescono a recepire esattamente il pensiero e l’intenzione che vengono trasmessi; cosa questa che sembra semplice ma non lo è affatto.

Ora, quando il governo annuncia tagli alla spesa pubblica, i cittadini speranzosi si attendono una riduzione per cancellazione di spesa di tutto ciò che è inutile, pletorico, clientelare. 

Si attende, il cittadino speranzoso, un ravvedimento della classe dominante rispetto i quattrini versati dai cittadini attraverso le tasse, che devono essere finalizzati al benessere della collettività e non allo strapotere di pochi proprio per mezzo di tagli, ovvero di cancellazioni delle costose incrostazioni generate dal cattivo uso del potere politico. Invece di queste cancellazioni, di questi “tagli”, si percepiscono solo flebili propositi. 

Tutto il resto, se come dicevo le parole hanno un senso, riguarda una “razionalizzazione” della spesa, una attenzione a sprecare meno, un tentativo di far diminuire i furti correnti sulla spesa pubblica. 

Razionalizzazioni dei costi in campo sanitario sono ad esempio quelle che riguardano gli acquisti delle dotazioni e materiali di consumo degli ospedali che si vorrebbe avvenissero d’ora in poi con sistemi e metodi solitamente praticati dalle aziende private che fanno attenzione al centesimo. 

Razionalizzazione del lavoro è quella che riguarda la diminuzione del numero degli impiegati dello stato e dei suoi dirigenti e non taglio dei costi della politica. 

La diminuzione delle auto blu, comunque gradita, per la quantità prevista, è un taglietto rispetto ad esempio ad altri tagli più significativi che ci si potrebbe attendere sugli stipendi dei parlamentari (di cui si è smesso di parlare) e dalle stesse province che invece si pensa di accorpare.

Su questo punto il progetto è peggiore dello stato attuale delle cose. Una volta giudicata positivamente la previsione di costituzione delle città metropolitane, l’accorpamento delle province è un pessimo provvedimento perché. 

Non eliminerebbe una parte dell’ingranaggio politico-partitico che costituisce un costo dimostratosi inutile e dannoso. Manterrebbe inoltre in essere la stessa catena amministrativa costituita da comuni, province allargate, regioni e stato, mantenendo perciò un deficit di trasparenza e snellezza nelle procedure. E gli accorpamenti ventilati creerebbero una sorta di potenziamento delle province stesse che assumerebbero le sembianze di regioni più contenute, un ibrido territoriale, che si troverebbero naturalmente a lavorare in conflitto di competenza con l’ente regionale territorialmente di poco più esteso.

Il tutto per salvare il posto e il pasto ai politici in carica o aspiranti, per non tagliare quei costi della politica che di tagli su se stessa non ne vuole sapere, che minaccia di far cadere il governo se questo azzarda manovre contro la casta che, dietro le spalle dei tecnici tenta di rifarsi una verginità ormai perduta che neanche il chirurgo più abile riuscirebbe a ricomporre.

In definitiva mentre ai cittadini si tagliano in modo significativo le capacità di mantenersi in vita attraverso le tassazioni a pioggia dirette e indirette, mentre si rifinanziano le banche a rischio default, invece che utilizzare i soldi della Bce per finanziare gli investimenti pubblici e privati, si fanno taglietti che hanno il sapore della presa in giro con un retrogusto estremamente amaro.

L’Europa batte le mani, dice che le ricette e le medicine imposteci fanno bene ed elogia il nostro premier. 

Questo non vuol dire però che la cura faccia guarire il malato-Italia e l’anemica Europa. I rimedi sono infatti miscelati dalla medesima mano che ha causato questa immane crisi e che, per definizione, non è in grado, non vuole e non può trovare altri sistemi di cura. Questi sono solo e soltanto nelle menti e negli animi dei cittadini italiani più preparati e sensibili alle comuni, future sorti. 

Dobbiamo solo sperare che, sopportato il sopportabile, decidano in gran numero a scendere nel campo arduo della politica prima che altri, su questo campo, scavino la nostra fossa.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:55