
Inemendabili. Una sola parola, un solo aggettivo, declinato al plurale per quasi tutti i partiti politici e per tutti i loro dirigenti, descrive questo spettacolo miserabile che si sta consumando al Senato sulla legge per il finanziamento pubblico dei partiti stessi e in Commissione vigilanza Rai per le nomine spartitorie concluse ieri “felicemente”.
Se fosse possibile creare comunità di recupero per dirigenti politici, sulla falsariga di quelle per i tossicodipendenti, per rimetterli sulla retta via del bene pubblico e allontanarli da quella dell’intrigo privato, della lottizzazione come unico credo e della tangente come variabile indipendente, ebbene sarebbe questo il momento per provare questa extrema ratio.
Basta sentire il dibattito al Senato sulla nuova orrenda legge che ribadirà il finanziamento pubblico ai partiti in barba al referendum radicale del 1993, e senza pudore per la commedia degli equivoci con i soldi che si dovevano destinare ai terremotati, cioè l’ultima tranche del finanziamento per l’anno in corso a tutte le forze politiche, pari a 91 milioni di euro, per rendersene conto.
I Radicali, anche ieri in aula, avevano sollecitato un decreto ad hoc del governo Monti per attribuire questi soldi alle vittime del terremoto in Emilia, ma non c’è stato nulla da fare.
L’impressione che si dà agli italiani è quella che chiedere alla politica di legiferare sui soldi da auto attribuirsi è ormai come delegare a mafia, camorra e ‘ndrangheta una nuova normativa contro la criminalità organizzata. Il trucco, o la finta svista, per non ottemperare a questa promessa da marinai è stato il seguente: smontare con la burocrazia quanto apparentemente deciso con la politica.
L’articolo 16 del disegno di legge 3321 approvato dalla Camera dei Deputati il 24 maggio scorso, votato in modo trasversale dalle forze politiche sull’onda dell’emozione per il sisma, prevedeva che «i risparmi derivati dall’attuazione dell’articolo 1 negli anni 2012 e 2013» (e cioè il dimezzamento dei rimborsi elettorali pari a 91 milioni nel 2012 e a 69 nel 2013 per un totale di 160 milioni) venissero destinati ai terremotati «colpiti da calamità naturali a partire dal I gennaio 2009». E dunque non solo quelli dell’Emilia ma anche dell’Aquila. L’inganno però, come al solito, è arrivato quando dalla norma teorica si è passati alla burocrazia pratica del potere legislativo: la Camera ha infatti varato un disegno di legge che non prevedeva l’immediata entrata in vigore del testo, ma che dava tempo 15 giorni per la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, più altri 15 necessari al Tesoro per stornare i fondi. Il fatto è che il 31 luglio prossimo i rimborsi elettorali, saranno entrati già nella disponibilità di cassa dei partiti. E invano i senatori radicali Marco Perduca e Donatella Poretti, che avevano mangiato la foglia, hanno chiesto un decreto legge correttivo. I soldi oggi sono quasi già nelle rapaci mani dei partiti i quali ieri in aula si affannavano a promettere, si badi bene sempre annunci, di devolvere volontariamente, come, quando e quanto parrà a ciascuno di loro, questa ultima rata del 2011 ai terremotati. C’è da fidarsi che ciò accadrà?
A quanto si vede per altri versi nella Commissione vigilanza Rai, dove per mettere un lottizzato in più o in meno nel Cda Rai si fanno e si disfano alleanze all’interno degli schieramenti e i due presidenti di Camera e Senato iniziano una sorta di guerra civile tra istituzioni, la risposta è un “no secco”. Non c’è da fidarsi.
I partiti sono inemendabili. E i loro esponenti stanno ai soldi pubblici e alle lottizzazioni come i drogati stanno alla sostanza di cui hanno bisogno. Non ne possono fare a meno.
Con l’aggravante di non essere dei malati, come i tossici, ma solo dei malfattori avvezzi a farla franca. E per questo genere di devianza sociale non esiste alcuna possibile via di recupero, perché oltretutto il rimedio sarebbe peggio del male e a forza di commissariare la politica fra un poco ci troveremo senza più democrazia.
Non rimane quindi che sperare negli elettori che in qualche maniera possono ancora distinguere tra il bene e il male e con l’arma del voto, sia pure con questa legge elettorale, hanno ancora la possibilità di mandare a casa chi li ha imbrogliati e malversati. Quantomeno tutti questi ipocriti si ritroveranno senza immunità parlamentare e qualcuno sicuramente li chiamerà a pagare il conto. Ma ovviamente non è il “forcaiolismo” la via d’uscita checchè ne pensino i suoi interessati sponsor. Serve almeno però la informazione corretta e l’onestà intellettuale. Come minimo comune denominatore da cui ricominciare.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:31