È Boeri l'uomo di Repubblica per il Pd?

Chi non muore si rivede. Stefano Boeri si autoinvita alle primarie del Pd. E lo fa da Milano, città in cui è nato, in cui opera professionalmente (è attualmente anche assessore alla cultura al comune meneghino, oltre che stimato architetto) e in cui ha perso malamente le primarie contro Giuliano Pisapia, poi divenuto sindaco. Insomma un pedigree particolare e di certo non proprio da lead-runner politico. Almeno per quanto riguarda le primarie. E il Boeri proprio a quel tipo di agone vuole partecipare: «Il mio partito non può restare schiacciato tra il conservatorismo di Bersani e il liberismo di Renzi». Trovata quindi la posizione boeriana «una terza via nel nome dell’innovazione e dei vecchi schemi», come dice lui stesso a Repubblica. Rimarrebbe da esaminare il programma e le idee di base. Ma l’elettore piddino rimane a bocca asciutta: una bella pagina di intervista, ma politicamente Boeri latita. Prima è auto-ironico: «Com’è dimostrato, io le primarie le so perdere, altrimenti non avrei accettato di fare l’assessore. 

Un vantaggio competitivo cui tengo moltissimo». Il primo dubbio è: quale sarebbe il vantaggio competitivo? Quello di aver perso già?  Prosegue l’assessore: «Basta con le culture del Novecento. Nessuno dei due (Bersani e Renzi, ndr) rappresenta il mondo dinamico e produttivo che si muove non solo nelle grandi città, ma nei distretti industriali, insomma quelli che sostengono l’export e producono pil. Sarebbe un peccato che le primarie si riducessero a un duello tra Bersani e Renzi. Bisogna trovare un’altra strada. Anche per valorizzare la partecipazione con strumenti nuovi». E pure qui, su quali siano gli strumenti nuovi, si rimane a bocca asciutta. Boeri parla di «decisioni pre-masticate» altrove, di un partito troppo ingessato, di risorse che vanno sprigionate. Di linee politiche, manco a parlarne. A meno che non si voglia contestualizzare l’intervista, concessa non a caso a Repubblica. All’inizio in effetti Boeri per lo meno si colloca dentro un’area nascente in questi mesi. Alla sua serata di giovedì, un happening per incontrare e per far incontrare i milanesi di buona volontà, l’architetto dichiara che «ci sarà la parte più dinamica di Milano, professionisti, ricercatori, cittadini consapevoli che questa crisi non è un tunnel da cui prima o poi, come sostiene Monti, si uscirà per tornare a com’eravamo prima». Ecco allora aprirsi le nubi all’orizzonte: il famoso listone di Repubblica. Il gruppo di intellettuali, professionisti, ricercatori, la società civile. Il quotidiano di Scalfari ha deciso come schierarsi: tentativi di entrismo nel Pd, prove di influenza. Non piacciono Bersani e/o Renzi? Che si trovi un candidato terzo, conosciuto nell’ambiente della società civile ma non ingombrante come personalità. Insomma uno che può capitanare una siffatta formazione, potendo dire la sua ma senza farla sua. Un candidato morbido, un piede di porco all’interno del partito di Sant’Andrea delle Fratte, obiettivo: costringere le primarie del Pd a parlare un certo linguaggio. Un linguaggio che complicherà le cose a Bersani e Renzi.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:04