![Sovranità all'Ue. Ma fino a che punto?](/media/1413569/06i.jpg)
La sensazione è davvero asfittica quando si respira l’aria che viene dai palazzi istituzionali. A due giorni di distanza dall’inchiesta de L’Opinione sul timore d’urne, è stato lo stesso Giorgio Napolitano a rispondere che «il voto per il rinnovo di Camera e Senato ci sarà nell’aprile del 2013». Una nota sulla situazione politica che Napolitano ha dovuto fare, ed a seguito di gravi «tensioni che si manifestano anche in rapporto alla prospettiva delle elezioni per il rinnovo d Camera e Senato». Diciamo subito che i poteri forti e lo stesso Palazzo ormai poco si fidano dell’uomo di strada, soprattutto reputano che le scelte democratiche poco collimino con la cosiddetta “crescita del paese”.
Pensieri e parole perfettamente in linea con quella troika che ha concesso i piani di salvataggio alla Grecia in cambio di una serie di richieste: soprattutto cessione di sovranità ad astratte entità economiche dell’Ue. Non dimentichiamo che un ordinamento è chiamato democratico proprio perché il popolo può esercitare la sua sovranità, e attraverso sia elezioni periodiche per scegliere i governanti che partecipando ai vari referendum. Per l’articolo 1 della Costituzione italiana, la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Con ciò il legislatore ha voluto dare la possibilità a tutti i cittadini di partecipare direttamente o indirettamente alle decisioni del governo. E siccome tale possibilità viene esercitata dai cittadini mediante il diritto di voto, cosa significa cedere sovranità? E dopo questa cessione siamo certi che non si restringa la sfera d’azione politica degli italiani? Se tanto mi da tanto, non possiamo dimenticare quante storiche attività artigianali ed industriali non sono più praticabili (o fortemente limitate) a seguito di direttive dell’Ue. Dopo la cessione di metà della nostra sovranità (qualcuno l’avrebbe quantificata tra il 40 ed il 60%) non possiamo escludere che condizionino le nostre scelte elettorali come hanno già fatto per pesca, agricoltura, officine meccaniche e produzioni lattiero-casearie. Un intervento di Mario Monti del febbraio 2011 (9 mesi prima della nomina alla presidenza del Consiglio) si dimostrava profetico.
«L’Europa ha bisogno di crisi, anzi, di gravi crisi per fare passi avanti - dichiarava l’attuale presidente del Consiglio - I passi avanti per l’Europa sono per definizione cessione di parti delle sovranità popolari a un livello comunitario. Solo quando il costo del non farlo è superiore al costo del farle, perché c’è una crisi visibile e abbiamo bisogno delle crisi per fare passi avanti». La cessione della sovranità popolare è per Monti la strada giusta verso la democrazia europea. Ma può un governo non eletto dal popolo cedere un patrimonio democratico sancito costituzionalmente? Soprattutto nessuno sta chiarendo in favore di chi o cosa dovremmo cedere la sovranità popolare. In Italia il principio della sovranità popolare è ben inquadrato dalla carta Costituzionale: soprattutto si riferisce alla partecipazione (diretta o indiretta) dei cittadini alle decisioni del governo attraverso il diritto di voto. Va detto che la prima cessione di sovranità popolare l’abbiamo subita a dicembre, con la nomina da parte del Presidente della Repubblica di Mario Monti come presidente del Consiglio. Allora tra gli interventi riparatori dettati da Ue e banche non ci sarebbero solo pensioni, flesibilità nel lavoro, liberalizzazioni, ma anche riduzione degli spazi democratici? E se le crisi sono necessarie per fare passi avanti, chi ha causato questa crisi voleva anche aiutare i “poteri forti” a mettere ordine nelle democrazie dei “paesi poveri” dell’Ue? Per coprire gli alti costi di questa crisi ora dobbiamo anche ipotecare la nostra sovranità popolare.
A dar manforte alla cessione di libertà democratica ci si mette anche Marchionne, l’ad di Fiat. «Dovremmo evitare - spiega l’Ad di Fiat - di fare pronostici per le prossime 48 ore, non voglio turbare le discussioni, sono d’accordo con Monti sul fatto che questi negoziati tra i principali leader europei sono molto delicati. Auguro loro il migliore futuro perché penso che il nostro destino collettivo dipenda da questo mandato, non solo come Europa ma il resto del mondo. Chi pensa che questo riguardi solo l’Europa sta sottostimando il livello di interconnessione dei mercati mondiali. Penso che ognuno di noi debba fare una scelta molto netta, sul tipo di mondo al quale vuole appartenere, non possiamo appartenere a un’Europa unita se vogliamo giocare solo con le regole dei singoli paesi, deve esserci una devoluzione di sovranità a un ideale più vasto che permetta all’Europa di funzionare. Su questo dobbiamo essere molto seri, perché questo è quanto bisogna pagare per la sopravvivenza dell’euro e dell’Unione europea».
È evidente che se da un lato Monti vuole privarci di sovranità, dall’altro c’è Napolitano che cerca di chetare la piazza e rassicurare parte della politica: questo il Quirinale lo fa con una scontata sottolineatura di urne entro il 2013.
«Le autorevoli parole del presidente della Repubblica vanno lette con rispetto e attenzione, tenendo tuttavia conto della sovranità del Parlamento, che in materia di riforme costituzionali si sta confrontando su scelte di fondamentale importanza», nota il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri. «Dalle prime dichiarazioni del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble pare proprio che la missione di Mario Monti avrà un esito scontato: salvataggio dell’Italia a condizione che il Paese si sottometta alla sovranità straniera, uno zar europeo del bilancio e della politica fiscale che ci imponga le misure che riterrà opportune», così Paolo Franco (senatore della Lega Nord in commissione Finanze) commenta le parole del ministro tedesco apparse sul Wall street journal. «Questa - rileva Paolo Franco - non era certo la mission affidata dai partiti di governo al presidente del Consiglio al momento del suo insediamento, anche se in queste ore il segretario Pd Pierluigi Bersani, affermando di sostenere Monti qualsiasi risultato ottenga in Europa, fa pensare che invece il vero progetto fosse proprio l’Unione delle Repubbliche Socialiste Europee».
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:18