Elezioni? C'è chi non le vorrebbe proprio

Lo spettro del rinvio delle elezioni politiche del 2013 (adottando alchimie costituzionali) s’aggira nelle segreterie dei partiti tradizionali. Tanti onorevoli e senatori ci metterebbero la firma sull’eventuale proroga: l’impressione è che i sostenitori del montismo siedano tutti tra Camera e Senato.

Sarebbe una bella trovata far passare per guerra la non cessata emergenza economica. Rimandando le elezioni del 2013, l’Italia potrebbe contare su un esecutivo in grado d’assecondare tutti i poteri economici internazionali. Una soluzione buona per i partiti politici, che avrebbero più tempo per fiaccare l’antipolitica, ma anche per il sistema bancario che regge Monti. E tra i costituzionalisti le frecciatine si moltiplicano. «Le istituzioni europee, mesi fa, hanno imposto alla Grecia di non fare un referendum e volevano imporre a quel paese anche di non votare - stigmatizza Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale - . Nessuno osa dire che a qualche italiano piacerebbe rinviare le politiche del 2013». Intanto da un sondaggio fatto da L’Opinione emerge che più della metà dei deputati in carica vorrebbe allungare la legislatura: il timore delle urne ormai è epidemia. Per Antonio Baldassarre (anche lui presidente emerito della Consulta): «La proroga delle Camere sarebbe una via davvero strappata, percorribile sul filo dell’incostituzionalità. La dovrebbero però approvare Camera e Senato che, votandola, di fatto potrebbero allungare la vita al governo in carica. È evidente che buona parte della politica potrebbe anche valutare questa strada, e perché le elezioni del 2013 forse rappresentano un grosso punto interrogativo per tutte le forze politiche. Ma sarebbe evidente la sospensione d’un diritto costituzionale - chiosa Baldassarre - rimarrebbe un brutto precedente nella nostra storia parlamentare». Ma quelli della “politica politicante” ai “brutti precedenti” sono avvezzi. E per il costituzionalista Augusto Barbera «dovrebbero trovare prima uno stato che dichiari guerra all’Italia, e poi votare la proroga: ma la guerra deve essere tradizionale, non basterebbe una guerra economica a giustificare la proroga».

Invece il costituzionalista Niccolò Lipari non ha dubbi: «Si tratta di astrazioni di certi politici, anche perché Napolitano non avallerebbe mai simili alchimie».

«Sarebbe davvero arduo, d’una difficoltà estrema - sostiene Stefano Ceccanti (docente di Diritto pubblico comparato) - far passare per guerra gli attacchi economici. Ergo, credo che nessuno tenterà mai la proroga delle Camere. Piuttosto qualcuno potrebbe tentare di prorogare l’esperienza del governo tecnico fino alla scadenza naturale della legislatura, cioè fino al 29 aprile 2013, e per poi votare a fine giugno 2013. L’unico allungamento sarebbe d’un paio di mesi dalla scadenza tecnica: è consuetudine consolidata che le Camere vengano sciolte a Febbraio e che poi si voti ad Aprile, con le scuole ancora aperte. Ma qualcuno potrebbe inventarsi che si deve andare alle urne alla scadenza naturale dei 5 anni, allungando di due mesi la vita dell’esecutivo tecnico. Ma sono certo che si voterà il prossimo aprile - conclude Ceccanti -, poi c’è sempre stato chi vuole evitare le urne e chi invece le invoca anticipatamente».

Intanto nelle segreterie politiche serpeggia l’idea d’una sospensione dei diritti costituzionali, e da adottarsi in “stato di emergenza”: fattispecie che violenterebbe la vigente Costituzione, vestendola di strumenti extra ordinem. Va detto che per molti aspetti (vedasi il caso dell’Imu o delle deleghe ad Equitalia) s’è già rasentata la “decretazione d’urgenza”. In quest’ultima interpretazione potrebbe rientrare l’ipotesi d’una “urgenza” già prevista dal costituente. Quella necessità a mezzo tra carestie, guerre, tragedie varie. Lo “stato di emergenza” è una misura adottata da un governo in caso di pericolo imminente che minacci l’intera nazione. C’è da chiedersi se la nazione in oggetto sia l’Italia o l’Europa. Abbiamo già visto che nei paesi Ue alcune delle libertà fondamentali possono essere limitate: come ad esempio la libertà di movimento o la libertà di stampa. Abbiamo visto che, a seguito della vicenda economica greca, la Germania era già pronta a rivedere il trattato di Schengen in merito alla circolazione di merci e capitali. Ergo, il peggio è sempre dietro l’angolo. Anzi lo “Justitium” è sempre in agguato: ossia quell’istituto giuridico, proclamato in diritto romano dal senato in caso di necessità, che aveva come unica funzione la produzione di “vuoto giuridico”, uno stato d’eccezione permanente, finalizzato a far sopravvivere la norma, sospendendone, però, in modo temporaneo l’esercizio. Non dimentichiamo che tutte le nazioni dell’Ue hanno recepito l’articolo 4 della “Convenzione internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite” del 1966: regola lo stato di emergenza a livello del “diritto internazionale”. Prevede che, in caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci l’esistenza stessa della nazione, venga proclamato un atto ufficiale, e che gli stati possano prendere misure in deroga alle rispettive costituzioni. «Un rinvio delle elezioni equivarrebbe alla più alta manifestazione di sospensione dell’ordinamento costituzionale e democratico - si legge sul blog di Beppe Grillo -. Una cosa del genere la penso e non la dico, ma è studiabile solo in caso di guerra. Il parlamento dichiara lo stato di guerra e attribuisce i necessari poteri al governo». «Una cosa del genere, un rinvio per questioni economiche non esiste - ribattono sul blog di Grillo - Cioè, tecnicamente, come può essere fatto? Con una legge del Parlamento? Si sospende la democrazia fino a pareggio di bilancio? Ma non esiste. Per carità, si può fare qualunque cosa, anche sospendere le elezioni».

Intanto Grillo postava ben due mesi fa queste parole: «Chi ci spiegherà che le elezioni politiche sono un problema sulla via del risanamento montiano e che vanno quindi spostate sine die?. La risposta è giunta con il sondaggio di Repubblica (datato primo aprile) che afferma due cose: la prima è che gli italiani sono a grande maggioranza a favore di Monti; la seconda è che le elezioni politiche gli italiani proprio non le vogliono per non correre il rischio di separarsi da Rigor Montis». Ilvo Diamanti osservava: «D’altra parte, oltre il 60% dei cittadini si dice favorevole a rinviare le elezioni del 2013, per far continuare Monti fino a quando la crisi sarà risolta». Qualcuno ha paura delle urne, altri temono un ritorno ai brogli elettorali un tempo in voga nel Mezzogiorno. Non scherziamo, siamo in Europa, c’è l’euro, siamo nell’era di internet... la dittatura cibernetica è roba da film di fantascienza.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:10