Meglio i competenti o la società civile?

Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi. Sono questi i due nomi usciti dalle quattro associazioni a cui Pier Luigi Bersani aveva delegato la scelta dei candidati per le poltrone nel cda Rai. Una patata bollente, intrisa di politica e servizio pubblico, strategicamente trasferita nelle mani di “Se non ora quando”, “Libertà e giustizia”, “Comitato per la libertà e il diritto all’informazione” e “Libera”. 

Due personalità note, dai curricula eccellenti, giunti dalla società civile così come auspicato dal Pd. La stessa società civile a cui i partiti tirano la giacchetta da qualche mese a questa parte, pressati dall’antipolitica e persuasi a esibire facce diverse, magari impegnate fuori dal Palazzo.

«Sono felice di fare questa nuova esperienza», confida il pm di Mani Pulite. «Io in Rai? Onorata», dichiara la giornalista e conduttrice radiofonica. Eppure nella corsa al restyling manageriale tutto meritocrazia e trasparenza, c’è qualcosa che non torna. Rumori che, nonostante le intenzioni di allontanare la politica dalla tv pubblica, sembrano dire il contrario. La mossa di Bersani spariglia le carte solo a metà, dal momento che la delega alle associazioni “amiche” ha inevitabilmente coinvolto persone d’area, declinandosi in una malcelata lottizzazione, solo un po’ più soft, ma pur sempre di matrice ideologica.

Troppo facile, si dirà, ricordare che la Tobagi è stata candidata in una lista civica a sostegno di Penati presidente della provincia di Milano nelle elezioni del 2009. Altrettanto banale soffermarsi sul fatto che per qualcuno Colombo non sia un pm lontano dalla politica. D’altronde la Rai è stata la terra preferita dai partiti. Tra “amici di” e illustri riciclati, nelle stanze di via Mazzini hanno però lavorato anche dei bravi “tecnici politici” come Claudio Petruccioli, presidente del cda dal 2005 al 2009 e Giuseppe Giulietti, capo dell’Usigrai e membro della commissione parlamentare di Vigilanza. Gente che, oltre agli onorevoli, conosceva la complessità del mezzo televisivo.

E qui spunta il secondo problema: l’apparente distanza tra il ticket Colombo-Tobagi e il settore tv. Che poi è il mondo dei palinsesti, degli artisti, dell’interazione col web, della pubblicità e dei grandi eventi. Un bagaglio di competenze necessarie per cucinare la tv, proprio a partire dal cda. Eppure, scriveva lunedì Massimiliano Lenzi sul Tempo, «in questi giorni di curricula spediti, colpisce l’assenza dello specifico televisivo». 

Il generico ricorso del Pd alla società civile, concetto vasto e frammentato, si è rivelato un salto nel buio in un momento storico in cui tutti chiedono conoscenze mirate e merito indiscusso capaci di scavalcare la politica. Si è sempre ripetuto che ci vuole gente di tv per dirigere la tv e oggi al Nazareno fanno orecchie da mercante, o così pare. La sola (e solita) voce fuori dal coro è quella di Mario Adinolfi. «Per decenni abbiamo ragionato sulle competenze, ora abbiamo voluto inseguire Grillo sulla società civile». Che, per qualcuno, è un po’ come la bellezza: salverà il mondo.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:54