Presidenzialismo e uninominale

E allora il problema è risolto. Almeno così sembra. In tre settimane, ci fanno sapere Alfano ed Enrico Letta, avremo la nuova legge elettorale. Casini è più scettico. Anche perché sa che le intenzioni dei due sono molto difformi dalle sue. Guardano al doppio turno di collegio, com'è noto. E se dovessero spuntarla, trascinando anche l'Idv e la Lega (per quanto improbabile), al leader dell'Udc non resterebbe che abbozzare. Finirebbe come quello che andò per suonarle (ritorno al proporzionale, sistema tedesco) e restò suonato.

Un'indiscutibile sconfitta per chi ha investito tutto sulla sua presunta "centralità" e si vedeva già nelle vesti di colui che dà le carte ed è in grado di sparigliare in qualsiasi momento. Dobbiamo crederci alla promessa di Alfano e Letta? Perché no. Ma lo scetticismo è comunque  autorizzato. Non certo per pregiudiziale diffidenza. Ma per il semplice fatto che il cambiamento delle legge elettorale, in maniera tanto radicale, si porta oggettivamente dietro il cambiamento della forma di governo, se si vuole essere seri. Dunque, coerenza vorrebbe, al fine di non creare altri pasticci, che si mettesse mano ad una legge costituzionale per introdurre nell'ordinamento il semipresidenzialismo. Luciano Violante, con molto garbo, ma altrettanta fermezza, lo ha ricordato ai segretari dei partiti che si sono conformati all'idea del doppio turno: «Concordino prima come procedere rispetto al cambiamento della forma di governo» e poi, naturalmente, se ne parla. Aggiungendo che «è opportuno, prima di decidere, consultare gli italiani con un referendum per scegliere tra parlamentarismo e semipresidenzialismo. Sono temi sui quali è indispensabile un grande dibattito pubblico».

Dunque, secondo l'esponente del Pd, se ne potrà parlare dopo le elezioni dell'anno prossimo. Alle quali, con ogni probabilità, proprio per l'indisponibilità dei democratici ad affrontare una riforma costituzionale complessa e controversa e per quella dei centristi ad accettare il doppio turno che li renderebbe marginali se non irrilevanti, non se ne farà niente. Alfano e Letta e possono riporre nel cassetto le loro speranze ed entrambi recriminare perché quando c'era tempo sia per attuare la riforma elettorale che quella di governo se le davano di santa ragione piuttosto che guardare in prospettiva. Adesso il tempo è scaduto. Ci provino, se credono, ma non pretendano di riuscirci a tutti i costi. Insomma, abbiamo l'impressione che non cambierà nulla. E la colpa non è di Grillo, ma del sistema dei partiti che non si è saputo adeguare alle nuove esigenze e, soprattutto, ha considerato la vita politica come un'arena nella quale dare vita a scontri furibondi. Generosamente, otto studiosi di scienza politica hanno rivolto al Parlamento un accorato appello, dalle colonne del Corriere della Sera, con il quale chiedono presidenzialismo...

e doppio turno di collegio per modernizzare le istituzioni, regolamentare i conflitti, prevenire le crisi di legalità che rischiano di travolgere il paese. Ricordano che le nostre istituzioni sono «deboli, barocche, impotenti» e, dunque, «difettano di stabili strumenti di governo». Una situazione simile a quella della Quarta repubblica francese. Poi arrivò de Gaulle e la storia della Francia cambiò. Un mese fa avrebbe potuto fare la fine della Grecia non avesse avuto un sistema di protezione istituzionale improntato al presidenzialismo. Avrebbero dovuto riflettere i nostri partitanti su questa circostanza.

Invece niente. Si mettano l'anima in pace i politologi che hanno offerto un contributo alla ridefinizione di una moderna Costituzione: i politici li leggono con fastidio, se proprio sono costretti a farlo. Purtroppo la realtà darà loro ragione e i partitocrati si troveranno nelle difficoltà che non è difficile immaginare. Per disgrazia di tutti gli italiani, l'ingovernabilità è assicurata. Nel momento in cui Monti (non esente dall'attuare forzature che denotano la sua oggettiva debolezza politica, come ha dimostrato con le decisioni assunte sulla Rai) lascerà Palazzo Chigi, i partiti si scopriranno nudi. E non sapranno che cosa fare senza il Lord Protettore da essi stessi chiamato al capezzale della repubblica per impotenza ed incapacità. Se le forze politiche - tutte, nessuna esclusa - avessero avuto per tempo la percezione della decozione del sistema, gli auspici degli studiosi citati probabilmente si sarebbero potuti concretizzare. Ma adesso? Quando la valanga si mette a rotolare, è inevitabile che travolga ogni cosa.

A questo punto siamo. Ed il solo fatto che la "questione Rai" assurga a nodo principale della contesa politica dà il senso e la dimensione di un sistema politico che è già crollato. Se c'è qualcuno che ha voce in capitolo nei sinedri partitici autoreferenziali, composti da cooptati e da silenti plauditores, dia seguito alle indicazioni che vengono da chi è ancora pronto a commettere sull'Italia e ad appassionarsi ad una battaglia riformista che certamente i cittadini apprezzerebbero. È in gioco la nostra democrazia, hanno concluso il loro appello Campi, Clementi, Fusaro, Guzzetta, Nicotra, Romano, Salerno, Ventura. Era domenica. Faceva caldo. E ci si preparava ad assistere a Italia-Spagna, la sfida dello spread su un campo di calcio. I politici forse erano distratti perciò ci permettiamo di richiamare le preoccupazioni affidate ad un giornale da otto signori di null'altro preoccupati se non del futuro del paese, come la maggior parte dei nostri connazionali naturalmente.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:19