Le tante (troppe) piste del delitto Fragalà

Sono passati più di due anni dall'omicidio di Enzo Fragalà e, regolarmente, ogni otto mesi spunta una nuova pista sull'avvocato ucciso davanti al suo studio palermitano nel febbraio 2010.

Per esempio l'anno scorso Monica Vitale (ultima pentita di mafia) aveva raccontato agli investigatori che, il penalista avrebbe pagato con la vita un comportamento poco rispettoso nei confronti della moglie d'un boss detenuto e cliente del legale. Il presunto boss ed ex cliente di Fragalà sarebbe tale Tommaso Di Giovanni: le dichiarazioni della donna sono rimaste per mesi al vaglio dei pm palermitani. Soprattutto si è trattato di una "testimonianza de relato", appresa dal compagno di vita della pentita (Gaspare Parisi).

Una testimonianza poco attendibile, che ha spinto la figlia di Fragalà a dire al Giornale di Sicilia: «Purtroppo dobbiamo subire anche questo. Sicuramente vogliono denigrare la sua memoria. Su di lui se ne sono dette di tutti i colori. La mia impressione è che ci sia chi mesta nel torbido e crea solo confusione».

Infatti, puntuale come un orologio svizzero, otto mesi dopo le parole della "pentita" spunta una nuova pista. Basata su una relazione dei servizi segreti del 2002, che inseriva il nome dell'avvocato palermitano (ed ex deputato An) nella lista dei legali a rischio d'attentati mafiosi: la nota del Sisde, all'epoca guidato dal generale dei Carabinieri Mario Mori, è stata acquisita agli atti dell'inchiesta sul brutale assassinio. Soprattutto è tornata d'attualità dopo le dichiarazioni rese alla commissione Antimafia da Sebastiano Ardita, ex responsabile detenuti del Dap e ora procuratore aggiunto a Messina.

Il libro di Ardita si impernia sulla trattativa stato-mafia e sul ruolo del carcere duro nel patto tra pezzi dello stato e "Cosa nostra". Ardita parla del delitto Fragalà, rimasto ancora senza colpevoli, e ipotizza un'analogia tra la nota dei Servizi ed il delitto. Certo nel 2002 venne approvato un ddl per estendere all'intera legislatura la durata del 41 bis. E' anche vero che i detenuti di mafia mandarono messaggi equivoci, soprattutto parlarono di promesse non mantenute da parte dei politici e d'essere stati lasciati soli da "alcuni avvocati meridionali passati in Parlamento". Un messaggio indirizzato non solo a Fragalà, infatti il Parlamento brulica di penalisti, eletti a destra, sinistra e centro. Ma nel febbraio del 2009 Fragalà non era più deputato, e quindi non lo si poteva certo accusare dell'ulteriore inasprimento del regime carcerario scattato qualche giorno prima dell'omicidio. «L'audizione del Procuratore Sebastiano Ardita, in commissione Parlamentare Antimafia, sulle stragi del 1992 e sulla trattativa Stato-mafia ha aperto scenari nuovi e inquietanti sui moventi ancora oscuri dell'efferato omicidio dell'avvocato palermitano Enzo Fragalà. Per questo chiediamo al Presidente Pisanu di trasmettere immediatamente i verbali dell'audizione di Ardita ai titolari delle indagini sull'omicidio Fragalà», hanno affermato in nota congiunta Fabio Granata (deputato Fli e vice presidente della commissione Antimafia) e il senatore Pd Giuseppe Lumia.

A questo punto vorremmo sapere chi nelle fila di An chiese nel 2008 l'estromissione dalle candidature di Enzo Fragalà ed Enzo Trantino, e per fare posto nelle liste (anche estere) a tale Nicola Di Girolamo, risultato poi uomo di 'ndrangheta.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:13