«No 2 giugno» e il civismo low cost

Non serve ripetere una sciocchezza migliaia di volte per farla diventare una verità. Per questo è difficile spiegare la smania con la quale ieri l'altro, su Twitter, qualche migliaio di utenti ossessivi compulsivi si è scagliato contro la parata militare per la Festa della Repubblica al grido (pardon, hashtag) di #no2giugno. Il motivo? Ufficialmente, quello di risparmiare i soldi delle celebrazioni per dirottarli in favore dei terremotati in Emilia-Romagna.

Una giustificazione insulsa, ridicola e priva di qualsiasi fondamento logico. In primis perché risulta davvero arduo immaginare quali miracoli della ricostruzione si possano fare con i tre milioni scarsi della manifestazione, a meno che non si tratti di ristrutturare palafitte in Bangladesh. In secondo luogo perché una parata non si organizza da un giorno all'altro, e pertanto va da sé che i soldi necessari a far sfilare le rappresentanze delle forze armate siano già stati tutti stanziati, investiti e spesi da tempo. 

Non ci sarebbe stato nulla di male nel domandare un annullamento della parata in segno di lutto. Del resto un precedente c'è: quello del 2 giungo 1976, quando l'allora ministro della difesa, Arnaldo Forlani, decise di non far sfilare i militari dopo il terremoto del Friuli. Ma non c'era certo bisogno di sventolare la scusa ridicola dell'austerity o della generosità verso i terremotati. Se non altro perché quando nell'aprile del 2009 un sisma ben più grave ha sconvolto l'Abruzzo, causando oltre 300 morti, 1.500 feriti e 65mila sfollati, a nessuno è venuto in mente di non celebrare il 25 aprile, né tantomeno di chiedere l'annullamento del "concertone" del 1 Maggio. E dire che in quel caso ci sarebbe stato tutto il tempo per dirottare i soldi altrove.

Il fatto è che qui la solidarietà e la compresenza durano lo spazio di 140 caratteri. L'hashtag #no2giugno è stato soltanto l'ennesimo rigurgito antimilitarista di quei pacifondai di lungo corso che al posto di celebrare l'odiatissimo Tricolore preferirebbero seppellirlo sotto strati di arcobaleni e straccetti bianchi. Pacifinti disposti anche a passare sopra alle feste nazionali e al loro significato unificante, ai simboli dello stato e al merito di chi li rappresenta. E pazienza se loro, il 2 giugno, non saranno certo a spingere carriole e sgombrare macerie in Emilia, ma celebreranno al mare, o davanti a un bel barbeque, mentre quei militari che vorrebbero lasciare a casa sono sul campo già da giorni. In fondo, per il civismo a buon mercato basta un retweet.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:38