La battaglia di Walter Tobagi

La violenza brigatista stroncò la vita e la carriera, 32 anni fa, di Walter Tobagi, inviato del Corriere della Sera, studioso del mondo sindacale e sindacalista. La giornata del 28 maggio è stata ricordata dall'Associazione Lombarda dei giornalisti di cui Tobagi è stato anche presidente.

L'esempio professionale e civile del giovane inviato ha riportato i riflettori sulle inquietudini per la convivenza tra cittadini di opinioni diverse e sugli allarmi per la tenuta della democrazia attaccata da velleità rivoluzionarie di sinistra ma anche di frange della destra. Ricorda l'attuale direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli «quel 28 maggio era un mercoledì, pioveva e faceva freddo: la primavera a Milano era stata inclemente e l'emergenza terrorismo che vivevamo con angoscia quotidiana sembrava essersi trasformata persino in un cupo fenomeno atmosferico: il cielo color piombo, come i troppi anni di soffocante assedio della violenza e del terrore.

Quella mattina nello stanzone della cronaca al pian terreno scorreva regolare nei suoi riti. Il vicecapocronista Fabio Mantica alzò il telefono, il suo viso si fece improvvisamente scuro e una smorfia gli disegnò il volto. Scattò verso l'uscio, salì di corsa verso la stanza di Walter Tobagi. Era stato già ucciso ma noi non lo sapevamo». Sono passati 32 anni. Molto è cambiato in Italia eppure il rischio anarco-rivoluzionario non è diminuito. Di Walter Tobagi, ha detto Giorgio Santerini, collega, amico di tante battaglie sindacali, resta un'eredità morale e culturale, di un giornalista libero e indipendente, avversato dalla componente ideologica del sindacato dei giornalisti, quel rinnovamento che al congresso della Fnsi di Pescara non voleva che Tobagi e i suoi amici potessero, con i loro interventi e i loro programmi, determinare una svolta nell'egemonia sindacale di sinistra di quei tempi.

Furono allora i delegati della "romana", a partire da Arturo Diaconale, Gilberto Evangelisti, Guido Paglia, Marcello Zeri, Giovanni Buffa, Cesare Pucci, il presidente Silvano Drago ad aprire le porte al dialogo e permettere che Tobagi esprimesse i suoi convincimenti sul sindacato dei giornalisti e il mondo dell'editoria. Per anni lo slogan di Tobagi «da una parte sola, quella dei giornalisti» è stato una bandiera per l'autonomia come base della libertà professionale. A 33 anni Tobagi aveva al suo attivo una conoscenza profonda del movimento sindacale italiano e della società italiana. Tobagi portò avanti una scommessa: fare un sindacato dei giornalisti che non fosse legato al carro di nessuno, al potere o all'opposizione. Scriveva ed operava in quegli anni angosciosi e movimentati per il mondo dei giornali presi di mira dal terrorismo: vennero feriti e gambizzati Indro Montanelli a Milano, Emilio Rossi a Roma, Vittorio Bruno a Genova, ucciso Carlo Casalegno a Torino. «Se qualcuno non credeva ancora che il terrorismo può celarsi dietro porte insospettabili - scriveva Tobagi - dovrà cambiare idea e riflettere sullo schedario di 3 mila nomi trovato nell'appartamento brigatista di Genova. Riprova del gran numero di persone e obiettivi che il partito armato tiene sotto controllo».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:05