
In politica, quando non sei d'accordo su qualcosa, hai tre vie d'uscita: mollare, chinare la testa e adeguarti, combattere. Noi abbiamo scelta la terza, l'abbia fatto in tempi non sospetti, e l'abbiamo fatto perché crediamo nel Pdl (o qualunque nuovo nome avrà), crediamo che debba esserci un grande soggetto politico che rappresenti tutto centro-destra, all'interno del quale si sviluppi poi un dialogo sui contenuti e che porti ad una sintesi politica da proporre al paese, ma soprattutto da realizzare. La capacità di realizzare ciò che si è detto è ciò che rende la politica credibile. Oggi la politica non lo è. E la necessità fondamentale è recuperare questa credibilità. Recupero che non può prescindere da un azzeramento di quella classe dirigente che da 18 anni parla senza dar seguito ai fatti, perché quando oggi si parla di Pdl la gente lo identifica con politici che hanno fallito, perché non sono state in grado di cambiare il paese come promesso.
Oggi ci ritroviamo in un partito che è stretto parente di quelli della prima repubblica, siamo stati contagiati dal virus della burocrazia interna, delle correnti, della spartizioni delle poltrone con il manuale Cencelli, siamo diventati ciò che abbiamo sempre combattuto. Cosa si fa con i computer quando si prende un virus? Si formatta! Per questo abbiamo deciso di formattare il Pdl.
Il nuovo ciclo che vogliamo aprire deve avere come architrave le regole interne, che devono garantire dinamicità, partecipazione e ricambiamo continuo della classe dirigente attraverso elezioni primarie a tutti i livelli, dove chiunque si riconosca nei valori del partito possa partecipare e autodeterminare il proprio futuro politico oggi nelle mani dei cosiddetti "capocorrente".
Vogliamo un partito con pareti di cristallo e porte sempre aperte per chi ha una buona idea da proporre. Lo vogliamo e lo realizzeremo.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:51