Se Travaglio vuole lo stato di Polizia

È innegabile che, per dirla con Stefano Folli, il "caso Bossi" (e non solo) rappresenti la fotografia di «un sistema vicino al collasso e privo di risposte». Il sistema politico fatica a riconoscere i propri errori, a scegliere la strada del cambiamento (strutturale e, diciamo così, comportamentale), a decidere una volta per tutte che il loro modus vivendi deve essere radicalmente riformato.

Gennaro Malgieri l'altro giorno sosteneva che uno dei motivi della crisi del Pdl (ma l'asserzione può facilmente essere estesa anche agli altri schieramenti) è «l'arroccamento della sua classe dirigente nella disperata difesa di seggi e seggiole». Al centro come in periferia, mi permetto di aggiungere. Di tutto ciò è evidentemente consapevole anche Marco Travaglio il quale, e non poteva essere altrimenti, risolverebbe il problema con una soluzione sui generis che, se non si conoscesse il pensiero del proponente (appunto Travaglio), farebbe gridare allo scandalo, quasi al golpe.

Ha scritto giovedì scorso, nel suo editoriale, che «l'unica istituzione in grado di riformare la politica italiana non è né il governo, né il Parlamento, né i partiti, né le Authority, né i mass media: è la magistratura. L'unica riforma dei partiti esistente in natura è l'avviso di garanzia o, in alternativa, un bel paio di manette». Punto primo. Se la magistratura dovesse essere chiamata a "riformare la politica italiana", la stessa (la magistratura) svolgerebbe un ruolo politico al quale non è deputata e che invece, purtroppo, talvolta già ricopre senza che nessuno glielo abbia chiesto.

Punto secondo. L'avviso è appunto "di garanzia" e non di condanna a prescindere: perché allora quell'atto dovrebbe costituire "l'unica riforma dei partiti esistente"? E, ancora: è già stato utilizzato per quel fine? Punto terzo. Siamo davvero convinti che "un bel paio di manette" possa costituire l'antidoto 'per eccellenza' contro alcuni episodi di malversazione avvenuti in partiti e istituzioni? I partiti e chi li rappresenta (al centro come in periferia) si riformano con quello strumento (democratico) che si chiama voto. La magistratura deve intervenire solo nel caso di degenerazione (criminale) dell'attività del singolo, ma la riforma del sistema politico (e partitico) è davvero un'altra cosa.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:53