
Alessandro Orsini è professore di Sociologia politica a Tor Vergata e alla Luiss. È considerato uno dei massimi studiosi di terrorismo, grazie al volume Anatomia delle Brigate rosse.
Professor Orsini, il clima di tensione sociale si è
innalzato in pochi giorni...
La tensione sociale cresce, ma occorre distinguere i
fatti di Genova da quelli di Napoli. Nel primo caso, c'è stato un
ferimento rivendicato da un gruppo di terroristi anarchici. Nel
secondo, ci sono stati uomini e donne che avevano ricevuto una
pesante cartella esattoriale da Equitalia.
Lei ritiene che oggi ci siano le condizioni per un
ritorno del terrorismo su larga scala?
Le condizioni minime che favoriscono il ritorno del
terrorismo rosso sono tre. La prima è una crisi economica che
spinge le persone a invocare l'intervento dei politici. La seconda
è una crisi della classe politica che non riesce a dare risposte.
La terza è una fase di effervescenza sociale che spinge le persone
a scendere in piazza. I terroristi colpiscono quando pensano che il
contesto sia favorevole per raccogliere consensi. Come è accaduto
per D'Antona e Biagi.
L'antipolitica si nutre della crisi e fomenta a sua
volta l'estremismo. In che cosa potrebbe sfociare questo
malessere?
Non è sempre vero che l'antipolitica fomenta
l'estremismo. In alcuni casi può essere un freno moderatore.
Berlusconi, per esempio, ha rappresentato l'antipolitica, ma
un'antipolitica che ha favorito la partecipazione di tipo
democratico e che ha cercato di dare nuove risposte alla crisi
della politica. Lo stesso si può dire di Grillo, che si rivolge
anche agli estremisti, questo è vero, ma per farli entrare nel
perimetro della democrazia. Non è contro il sistema. La sua
antipolitica aiuta la politica. Vuole riformare il sistema.
Su Grillo, in molti non sarebbero d'accordo con
Lei.
Lo so.
Forse esiste anche un problema di educazione alla
democrazia. Le due sinistre, il suo ultimo libro, è stato
demonizzato.
Gli attacchi al mio libro si sono intensificati dopo la
recensione che Roberto Saviano gli ha dedicato su Repubblica. Ha
dato un'enorme visibilità ai miei studi e questo non è piaciuto a
coloro che, con i loro insulti, hanno confermato i contenuti del
mio libro. In una democrazia, gli avversari politici si rispettano.
La democrazia è nelle orecchie prima che nella bocca. Occorre saper
ascoltare e rispettare. Le ingiustizie devono essere sempre
combattute, diceva Turati, rifiutando la violenza. Gramsci la
pensava diversamente. Il 5 giugno 1920 scrisse un articolo per
chiarire che la rivoluzione comunista avrebbe dovuto organizzare
l'uccisione di tutti gli avversari politici. La sinistra di Turati
non era quella di Gramsci, che non condannò mai la violenza
politica.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:42