
Di recente, il Tribunale di Forlì, per mano del giudice M. De
Paoli, ha scritto una difesa limpida, quasi puntigliosa, del
diritto di critica, anche di natura politica. Lo ha fatto in una
sentenza di assoluzione (perché il fatto non costituisce reato) al
termine di un processo in cui la posta in gioco era, insieme alla
sanzione penale, un risarcimento di molte centinaia di migliaia di
euro.
Il caso riguarda la causa di diffamazione promossa nell'inverno
del 2006 dall'ex deputato forlivese diessino Valter Bielli nei
confronti dello storico bolognese Salvatore Sechi, per un articolo
pubblicato sul Corriere della Sera (allora diretto da Paolo Mieli)
e sul quotidiano on line L'Opinione (diretto da Arturo Diaconale)
era stata trattata da due sostituti procuratori (i dottori Mancini
e Rossi). Entrambi l'avevano trovata fondata. Solo da una manciata
di settimane era finita sul tavolo di De Paoli, che l'ha ritenuta,
in un'ampia motivazione, praticamente priva di fondamento. Il
merito della causa riguardava le critiche mosse da Sechi in
generale al funzionamento della Commissione parlamentare
d'inchiesta sul dossier Mitrokhin.
In un articolo sul "Corriere della Sera" negava di aver assistito,
nella sua attività di consulente, ad una coerente e sistematica
ricerca, condotta con metodo scientifico, di documentazione storica
sull'attività svolta dai servizi segreti civili e militari
sovietici sul sistema politico, industriale e militare del nostro
paese, compresa l'opera di infiltrazione in seno allo stesso Pci.
In particolare Sechi aveva denunciato le convergenze parallele
stabilitesi tra il presidente della Commissione parlamentare
d'inchiesta, il senatore berlusconiano Paolo Guzzanti e il
capo-gruppo diessino Bielli a proposito del consulente Giuseppe De
Lutiis.
Il materiale raccolto su di lui dall'inquirente veneziano Carlo
Mastelloni presso la Guardia di Finanza sulla sua vicinanza o
legame col Kgb venne da entrambi secretato. A Sechi, allora
consulente della Commissione, fu opposto il divieto di poterlo
esaminare. E non venne mai derogato sino alla fine della
legislatura, salvo che per il deputato di AN Enzo Raisi. I rilievi
mossi a De Lutiis furono da lui verificati, ma Guzzanti e Bielli
hanno preferito non andare a fondo nell'inchiesta per diradare ogni
dubbio sulla Mentre i due giornalisti restano ancora sotto
schiaffo, Sechi, che era difeso dall'avvocato Beniamino Del
Mercato, è stato appena prosciolto con formula piena. Lo abbiamo
intervistato.
Bielli l'ha accusata di averlo considerato una spia del Kgb e a
questo rilievo attribuisce la decisione della Federazione forlivese
dei democratici di sinistra di non ricandidarlo? E' una regola dei
comunisti, fatta propria anche dai loro eredi, di non ripresentare
per più di due volte un proprio parlamentare. Pertanto, Bielli
poteva solo illudersi di essere così autorevole da meritare una
deroga a questo principio. In secondo luogo io non gli ho mai mosso
l'imputazione che mi riferisce. Mi sono limitato a fare
un'osservazione maliziosa di carattere generale considerando lo
scarso numero di accessi agli archivi che mi sono stati consentiti
durante il mio mandato, cioè dal novembre 2003 al gennaio
2006.
Può darci una cifra? Le mie richieste sono state circa 26, ma le
autorizzazioni ricevute sono state una decina soltanto. Ricorda
quali furono i dinieghi più significativi? Il primo è del 28
gennaio 2004. Riguardava il dossier del Ministero dell'Interno,
dell'Ufficio Affari Riservati mi pare, su alcuni aspetti della
politica e in generale delle attività del Pci. Era un partito
comunista, che aveva elaborato e votato la carta costituzionale
della Repubblicana, ma non aveva dismesso come una camicia usata la
sua natura (struttura e obiettivi di lungo periodo) rivoluzionaria.
Nè si può dimenticare che si era immersi nel clima della guerra
fredda, in cui i regimi liberal-democratici a livello continentale,
anzi planetario, fronteggiavano con ogni mezzo e sospetto le azioni
destabilizzatrici o eversive dei comunisti ,e viceversa. Era una
guerra senza quartiere... Si spiega molto bene, dunque, che gli
incarti del Ministero dell'Interno riguardanti il Pci recassero i
seguenti titoli: "Spionaggio e sabotaggio comunista", "Armi del
Pci", "Corso di addestramento", "Persone da eliminare o da
arrestare in caso di avvento al potere", "Emissari del Kominform",
"Penetrazione comunista nello Stato" ecc. Fu solo questo che ha
appena citato? Ce ne fu anche un secondo.
E' del 23 febbraio 2004 e, insieme alle voci tematiche prima
descritte, ne conteneva delle altre, sempre di fonte ministeriale,
cioè "Sabotaggio terrorismo, insurrezioni. Direttive del Partito",
"Formazioni para-militari", "Telegrafi, telefoni, stazioni radio",
"Cifrari del Pci", "Attività del Pci in seno alle Forze Armate"
ecc. Sia Guzzanti sia Bielli, pensando che quel lessico fosse mio
(e non dell'intestazione delle cartelle del Viminale) mi negarono
l'accesso. Riformulai la richiesta, ma mi pare che rimase lettera
morta. A chi si riferisce? Mi riferisco al senatore Cesare
Merzagora (bersaglio di un attacco durissimo del Pci e
dell'ambasciata sovietica, per mano del Kgb) durante la sua corsa
per il Quirinale, ma anche allo stesso Gronchi. Tra i suoi
collaboratori comparivano i nomi di Fernando Tambroni, del generale
Giorgio Liuzzi, del maggiore Stelio Ventura, del suo "police
contact" Salvatore Di Stefano.
Tutte persone che avrebbero dovuto attendere alla sicurezza del
presidente della Repubblica. Che cosa avvenne? Da un documento che
avevo rinvenuto lavorando nei National Archives di Washington e
fatto acquisire all'archivio della Commissione, alla Cia risultava
che intorno al presidente Gronchi si fosse creato un gruppo
infiltrato di persone in qualche modo legate all'intelligence
russa. Nella stessa situazione si sarebbero trovati sia il giovane
funzionario della Camera Antonio Maccanico sia il capo di
un'agenzia giornalistica del parlamento, Francesco Lisi. I sospetti
su Maccanico durarono a lungo, direi fino al governo presieduto da
Bettino Craxi. Furono diradati da una missione del capo dei nostri
servizi, ammiraglio Martini a Washington per chiedere che dal
dossier che riguardava Maccanico venissero espunti questi
riferimenti. Scusi, professore Sechi, da dove ha tratto questa
notizia?
Da un scambio epistolare e telefonico con Francesco Cossiga. Era
stato un mio professore e quindi gli rimproverai non di avere
spedito il nostro Ulisse negli Stati Uniti, ma di avere chiesto
l'alleggerimento del fascicolo che riguardava Maccanico. Sarebbe
bastato fare inserire una dichiarazione del capo della nostra
intelligence in cui sosteneva che dalle indagini fatte sul conto
del grand commis d'Etat non era emerso nulla di significativo. In
questo modo gli studiosi avrebbero avuto tutte le carte e tutte le
opinioni a disposizione. Quale rilievo ebbe sulla stampa questa
polemica? Nessuno e ne restai assai sorpreso dal momento che le
parole di Cossiga hanno avuto sempre molta eco. Dunque, a questo
documento di provenienza Usa sulla penetrazione del Kgb nelle forze
armate che vigilavano sul presidente Gronchi, la presidenza della
Commissione Mitrokhin non diede alcuna importanza e non le assegnò
nessun compito di ricerca.
Ricorda anche qualche altro esempio? All'inizio di novembre, mi
pare il 7, dello anno 2005, chiesi di potere avere accesso ad una
serie di fonti per mettere a punto la struttura dell'apparato
para-militare del Pci, l'apparato di spionaggio e di controllo dei
servizi dell'Urss e dei paesi dell'Europa orientale, le forme di
scambio tra le imprese pubbliche e private italiane e i partiti da
un lato e i governi e le imprese dei paesi del Patto di Varsavia,
dall'altro. C'era dell'altro in questa richiesta? Chiesi di potere
esaminare, attraverso gli archivi, i cambiamenti determinati dalla
formazione di Stay Behind. Era venuto meno la necessità
dell'armamento e della militarizzazione servendosi dei vecchi
partigiani e dei giovani dell'ANPI.
Vi era inclusa la domanda di poter precisare meglio il
collegamento, mediante un network di rice-radio-trasmittenti
stabilito tra la Direzione nazionale del Pci e le principali
federazioni provinciali del Pci, da un lato, e il grande Fratello,
cioè il Pcus, e il Kgb, insieme all'addestramento di tecnici.
L'invio periodicamente da Botteghe Oscure a Mosca di nuove leve per
impratichirsi nelle tecniche informatiche segnava così un'ulteriore
dipendenza, e controllo, degli italiani dai compagni sovietici.
Elencavo infine una lunga lista di dirigenti del Pci chiedendo al
Sismi di farmi sapere che cosa e quanto constava su di essi.
Risposta? La sollecitai più volte. Mi venne data solo il 19 gennaio
2006. Negativa.
Il punto è che la Commissione non si era più riunita dopo il 26
ottobre dell'anno prima, cioè del 2005! La prima riunione del 2006
avvenne il 26 gennaio, ma io in quell'occasione insieme a decine ad
altri consulenti venni rimandato alle precedenti normali
occupazioni, universitarie o giornalistiche. Mi scusi, non ci ha
ancora detto da chi e come venivano esaminate le domande di accesso
agli archivi? Le domande venivano trasmesse all'Ufficio di
Presidenza (senatore Guzzanti). Si riuniva integrato dai capigruppo
dei partiti della Commissione. Quindi, l'onorevole Bielli ne faceva
parte? L'ha confermato egli stesso durante il processo presso il
Tribunale di Forlì. Ma io, lo confesso, non ho mai dato molta
importanza a che cosa Bielli facesse o dicesse.
L'ho incontrato di sfuggita un paio di volte. Non abbiamo mai
preso un caffè insieme né scambiato delle opinioni. Intendo dire
che Bielli era un uomo di partito, ligio e attivo, mentre io facevo
un altro mestiere, quello dello studioso. Non avevamo proprio nulla
da dirci.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:55