Il Pdl soffre il governo tecnico

Com'era prevedibile il risultato delle amministrative non ha affatto reso più agevole il cammino del governo. Il Pdl avrebbe pagato a caro prezzo il sostegno a Monti e le divisioni nel centrodestra, dicono le analisi sulla sconfitta prevalenti nel partito. Dunque la tentazione di staccare la spina al governo e l'unità dei cosiddetti "moderati" tornano ad animare il dibattito interno al partito, al quale continua a sfuggire, tuttavia, la causa all'origine di tutti i suoi guai: la drammatica perdita di credibilità agli occhi dei propri elettori non tanto per il sostegno a Monti, ma per aver sistematicamente, per anni, tradito le promesse di cambiamento una volta al governo. Anche la stampa di centrodestra si divide tra falchi e colombe. Il Giornale di Feltri e Libero sono per la rottura, mentre sul Foglio Giuliano Ferrara invita al pragmatismo, suggerendo al Cav di imporre un «tutti per l'Italia», un rassemblement "liberal-moderato" in continuità con Monti e ricucendo con Casini.

Il premier fa trapelare la sua amarezza e il suo nervosismo per i continui e sempre più frequenti attacchi, e comincia a soffrire la pressione, lasciandosi andare a qualche battuta che certo non contribuisce a svelenire il clima, come quella sui suicidi, salvo poi doversi correggere riconoscendo fin troppo generosamente i meriti del governo Berlusconi. Un giorno colpevole della crisi e delle sue «conseguenze umane», quello successivo elogiato per aver «fatto molto in termini di riforme strutturali».

Quella trascorsa è stata tutto sommato un giornata di relativa calma, ma indubbiamente nei prossimi mesi il rapporto tra Monti e i partiti, soprattutto il Pdl, sarà molto tormentato e non lascerà al governo sufficienti spazi di manovra per ulteriori iniziative legislative. Sulla riforma del lavoro Gasparri e Cazzola si dicono soddisfatti dei progressi compiuti, ma l'ex ministro Sacconi abbandona polemicamente i lavori parlamentari e restano aperti molti altri fronti tra Pdl e governo: debiti commerciali della Pa con le imprese, Imu, controriforma del pubblico impiego, ddl anticorruzione.

Con le mani ormai legate in patria, e sempre più insofferente, Monti si concentra sulla politica europea. È a Bruxelles e a Berlino che cerca di attivare qualche leva - allentare il rigore almeno sulla spesa per gli investimenti - per rilanciare la crescita italiana, sperando così di placare il fronte interno.

Come al solito Berlusconi gioca su più tavoli ma i retroscena che lo vorrebbero in procinto di scaricare Alfano e staccare la spina a Monti sembrano più il frutto dei veleni interni nei confronti del segretario e delle speranze dei "falchi". La sensazione è che sulle due questioni fondamentali il Cavaliere e Alfano siano (per ora) sulla stessa linea: nonostante l'irritazione e i bocconi amari lealtà a Monti, anche perché staccare la spina ora sarebbe una mossa senza prospettive politiche, ma massima determinazione nel non concedere più nulla sui temi sensibili per il Pdl; necessità di federare i "moderati", operazione per la quale c'è bisogno di guadagnare tempo.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:16