
Passando dalla clandestinità mediatica forzata alla prescrizione
certa di tutti i reati a metà del 2013, il processo ad Antonio
Bassolino raggiungerà fra poco l'effetto più paradossale e
allarmante della giustizia all'italiana: quello di non essere
affatto uguale per tutti. Ma casomai di esserlo di più per i soliti
noti. Il peccato originale del processo è stato quello di impedire,
per pretesi e non meglio identificati "motivi di sicurezza", a
registratori, telecamere e radio di assistere, riprendere e
registrare le varie fasi del processo.
Da allora il cammino verso la prescrizione, calato a zero
l'interesse dei media, è stato tutto in discesa. Solo
saltuariamente qualche giornalista curioso, guardato pure male
dall'apparato di quarantena che ha circondato l'aula bunker di
Poggioreale, ha osato ogni tanto affacciarsi e dare conto in brevi
cronache di quel che andava accadendo lontano, è il caso di dirlo,
dagli sguardi indiscreti della pubblica opinione. Così quando due o
tre settimane fa il Fatto quotidiano ha dato notizia della avvenuta
prescrizione di diciotto dei capi di imputazione a carico dei
protagonisti del processo Bassolino-Impregilo (il resto cadrà in
prescrizione nella primavera del 2013 in pieno clima elettorale),
solo Massimiliano Iervolino di Agenzia radicale ha ripreso la
notizia. Che ha circolato quindi, e a gran fatica, esclusivamente
sul web.
Adesso magari a sinistra faranno finta di niente e per Bassolino
ci sarà una gara a rinnegarne la conoscenza. Specie dopo che si
sarà avvalso di quella "amnistia di classe", così come Marco
Pannella chiama la prescrizione, contrapposta a quella per legge
che invece sarebbe tanto voluta e necessaria per risolvere in un
solo colpo il problema di carceri non degne di un paese civile e un
arretrato giudiziario che ogni anni ci costa qualche migliaio di
condanne dall'Europa. Sullo sfondo rimarrà però il ricordo delle
tre grandi crisi della "munnezza napoletana", quella del 2001,
quella del 2007 e quella del 2010. Tutte alla fine generate
dall'appalto stipulato con la Fisia Impregilo da Bassolino. Appalto
che l'interessato disse di non aver mai letto. «Un ex commissario
di governo alquanto distratto - come ha scritto Iervolino su
Agenzia radicale - visto che, davanti ai pubblici ministeri,
rivelò di non ricordare neanche dell'autorizzazione firmata per la
nascita del super consorzio Impregeco, quello del processo
Cosentino, dove il carrozzone pubblico nacque dalla fusione dei
consorzi di bacino Ce 4 (controllato dal centro destra) e da Na1 e
Na 3 (controllati dal centro sinistra)».
Il paradosso, che non risparmia la gestione del centro destra
della regione Campania, ma che è del tutto focalizzato su quella da
parte del centro sinistra, è che adesso per quei reati ambientali,
per quel percolato che per mesi stava nelle copertine di tutti i Tg
e che tanto ha contribuito al deterioramento dell'immagine italiana
all'estero (non solo di Napoli), nessuno pagherà. Anche se dal
processo Bassolino-Impregilo son emerse chiaramente le
responsabilità politiche e anche penali degli imputati. E' stato
semplice far finire tutto in cavalleria: è bastato negare a Radio
radicale la possibilità di registrare e trasmettere le udienze di
questo processo. Ma questa è una responsabilità anche di parte
della magistratura napoletana, non solo della politica.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:12