Tosi e l'Imu: «Vado al massimo»

«Pizzo di stato»: così l'altro ieri l'ex ministro degli Interni Roberto Maroni ha definito senza mezzi termini l'Imu, dando appuntamento a tutti i sindaci leghisti il prossimo 25 maggio a Seriate (Bg) per decidere "azioni concrete" da assumere per una rivolta fiscale contro la nuova tassa comunale sugli immobili. Ironia della sorte, tra gli "invitati" più in vista - e tra i più vicini a Maroni - spicca il nome di Flavio Tosi, il celebre sindaco di Verona in odore di rielezione al primo turno, il quale pochi giorni fa aveva liquidato come "barzellette" le promesse di obiezione di coscienza all'Imu: non a caso, poiché nella sua Verona, Tosi ha scelto di applicare la nuova Ici fissando l'aliquota sulle seconde case al massimo consentito dalla legge. 

All'accusa di aver tartassato i cittadini veronesi ha replicato per il sindaco l'assessore al Bilancio Pierluigi Paloschi, limitandosi ad osservare che «non è Tosi ma il governo Monti a riempire i cittadini di tasse come l'Imu». Peccato che non competa al Governo, ma all'amministrazione comunale, stabilire l'aliquota dell'imposta, che per le seconde case, i negozi e gli uffici può variare tra un minimo dello 0,46% e quel massimo dell'1,06%: per il quale l'amministrazione Tosi ha, per l'appunto, optato.  

Non solo: la giunta Tosi ha anche deliberato l'aumento dell'addizionale Irpef per il 2012 dallo 0,3 allo 0,5%, sempre - a suo dire - per far fronte ai tagli nei trasferimenti agli enti locali decretati dal governo di Roma. D'altronde, l'anno scorso il sindaco di Verona aderì all'ideale "partito della patrimoniale" che proponeva di risolvere l'emergenza debito pubblico appioppando una supertassa una tantum sui grandi capitali: «non è un discorso da comunista», spiegò Tosi a Ballarò, «ma una visione realista: ci sono i redditi e ci sono le rendite. I redditi devono essere tutelati, generano ricchezza perché sostengono i consumi delle famiglie e quindi contribuiscono alla crescita. E poi ci sono le rendite: questa è la ricchezza patrimoniale da tassare». A ben vedere, Tosi è da sempre un appassionato fautore della soluzione "tassa e spendi", da ben prima che si entrasse nella fase emergenziale del governo tecnico "SalavaItalia". Emblematico il caso dell'imposta di soggiorno: mentre nelle limitrofe Brescia e Vicenza la Lega è schierata apertamente contro il nuovo balzello sui turisti, nella città di Giulietta e Romeo, dell'Arena e del Vinitaly il sindaco ha ostentato la ferma intenzione di introdurlo più di un anno fa. La Commissione Bilancio, presieduta dal consigliere Giampaolo Beschin (ex lista Tosi, ora Udc), ha bocciato il provvedimento, e in Consiglio è mancato il numero legale. Il sindaco, capita l'antifona, ha fatto per ora ritirare il provvedimento; ma con il dichiarato intento di tornare alla carica dopo la rielezione. 

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:07