
Non c'è «l'ideona» per la crescita, ma la fantasia sul fronte
fiscale è fervida, non passa giorno senza un nuovo balzello
(scongiurata in extremis l'ultima beffa, l'Irpef sulle borse di
studio). Ma svanita la luna di miele con la stampa e gli
investitori, in molti ormai concordano sul peccato capitale del
governo Monti: poco o nulla per la crescita, solo tasse. Nel
presentare il Salva-Italia il premier aveva giustificato il ricorso
quasi esclusivo all'aumento della tassazione con la necessità di
agire in tempi ristretti, ma assicurato che sarebbero stati i tagli
alla spesa in futuro a garantire il risanamento dei conti e una
sensibile riduzione del cuneo fiscale.
Lo sgravio, pur minimo, dell'Irap e l'introduzione dell'"Ace" sono
stati inseriti nel decreto espressamente come primi segnali della
direzione verso cui intendeva muoversi il governo. Così come
l'aggravio delle imposte indirette e patrimoniali sarebbe stato
compensato da un alleggerimento di quelle dirette. Ebbene, la
delega fiscale che il Cdm ha varato ieri sera e di cui mentre
scriviamo sono note alcune anticipazioni delude nuovamente tali
aspettative.
Al contrario della vecchia delega non prevede alcuna riduzione né modifica delle aliquote Irpef, tanto meno la soppressione nel medio-lungo periodo dell'Irap, il cui gettito di circa 35 miliardi non è tale da non poter essere cospicuamente intaccato da tagli alla spesa. Anzi, la nuova delega prevede l'ennesima tassa che rischia di far schizzare ancora più in alto il prezzo dei carburanti: la cosiddetta "carbon tax" sui prodotti energetici a base di carbonio, che servirà a finanziare gli incentivi alle rinnovabili e gli interventi per l'ambiente.
L'unico contentino ai contribuenti, più una promessa che una realtà, è il fondo in cui far confluire il gettito della lotta all'evasione da destinare a sgravi fiscali. I quali però potrebbero essere una tantum: sarebbe rischioso prevedere tagli strutturali su introiti variabili di anno in anno. Inoltre, il dibattito in seno al governo su come utilizzare quel gettito è ancora aperto e l'idea prevalente sarebbe quella di poterlo destinare anche ad un'eventuale correzione dei conti o a nuove spese per lo sviluppo. Tra le innovazioni anche l'Iri al posto dell'Ires: separando nettamente il reddito d'impresa da quello personale il governo conta di sgravare «in modo sostanziale» l'utile reinvestito nell'impresa o nello studio professionale.
La delega prevede anche la riforma del catasto, volta a
ridefinire valori patrimoniali e rendite sulla base di nuovi
criteri: il metro quadrato al posto dei vani come unità di
consistenza e una maggiore attinenza ai valori di mercato (o alla
redditività), alla localizzazione e alle caratteristiche edilizie
degli immobili. L'inevitabile aumento dei valori sarebbe
compensato da riduzioni delle aliquote, in modo che resti
inalterata la pressione fiscale complessiva sugli immobili. Si
prevedono inoltre tagli alle agevolazioni fiscali, facendo
attenzione però alla «tutela della famiglia, della salute, delle
persone svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della
ricerca e dell'ambiente».
Per il resto, riordino dei regimi fiscali, semplificazioni e
razionalizzazioni, lotta all'elusione, rafforzamento dei controlli,
revisione del contenzioso tributario e del sistema sanzionatorio.
Il tutto con i migliori propositi, da verificare punto per punto
nei decreti attuativi. Il governo si impegna ad adottarli «entro
nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge», il
che significa che li vedremo - se li vedremo - appena prima delle
elezioni del 2013. Chi ci crede?
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:08