Lega, la condanna prima del processo

Secondo qualcuno, il «denuncerò chi ha utilizzato i soldi della Lega per sistemare la mia casa» di Bossi è addirittura superiore alla casa comprata "a sua insaputa" di Scajola. Peccato, però, che non sia nulla da ridere in questa vicenda, visto che siamo di fronte all'ennesimo verdetto (di condanna) mediatico. Siamo solo alle indagini preliminari (ieri i Pm di Napoli hanno interrogato la segretaria del Senatur) eppure per qualcuno Bossi ha rubato e basta. Guardate "La Repubblica" e capirete, ma il giornale fondato dal "Fondatore" già si nutre di giustizialismo quotidiano e poi non vedeva l'ora di sviare l'attenzione dai disastri politici del suo partito di riferimento, il Pd. E allora bisogna capirli, poverini.

Come bisogna capire tutti quelli che non vedevano l'ora di tirare un po' di sano fango addosso alla Lega, guarda caso l'unico partito (con quello di Di Pietro, ma in tal caso i magistrati mai e poi mai farebbero uno sgarbo al loro ex collega) che non appoggia Monti. Guarda caso proprio il giorno in cui in via Bellerio hanno completato le liste per le prossime amministrative. Ma un po' di fango a Bossi piace proprio a tutti, anche a tutti quei "terroni" che per motivi geografici l'hanno sempre avuto in odio. Non a caso, ieri, un trionfante Luigi de Magistris, ha ricordato che «Umberto Bossi ha già avuto una condanna per finanziamenti illeciti nell'inchiesta Enimont, sembra archeologia giudiziaria, ma è realtà». De Magistris, sindaco di Napoli, città la cui Procura indaga su Bossi, nonché ex magistrato di stanza nella meridionalissima Potenza, dove aveva come collega proprio Woodcock (titolare dell'inchiesta su Bossi). Solo una curiosità, naturalmente. Come è curioso che le inchieste dei nostri eroi non sempre siano andate a buon fine. 

Rimane la certezza dell'ennesima macchina del fango che somiglia sinistramente ad una giustizia ad orologeria. Rimane lo sputtanamento a mezzo stampa. E una classe politica che non fa altro che sottolineare lo stile di vita "parco" di Bossi. Da Tosi a Formigoni, tutti pronti a giurare sull'innocenza del Senatur. Certo, il "trota" intervistato a destra e sinistra non aiuta la campagna a favore di Bossi, ma non bisogna perdere contatto con la realtà: Bossi è indagato, non condannato. E se dopo la Margherita con Lusi, ora tocca alla Lega, è evidente che qualcosa sul rimborso elettorale ai partiti politici vada rivisto. Non attraverso l'ennesimo referendum, visto che uno c'è già stato. Ma non è servito a nulla, se non a far cambaire nome agli stessi soldi.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:11