Dell'Utri compra i cimeli Br

Volantini delle Brigate rosse all'asta alla Bolaffi di Milano? Ora che se li è comprati Marcello Dell'Utri al sindacato di polizia Coisp - uno dei più attivi sia pure con un'ottica di "law and order" nel contestare le scelte del precedente governo Berlusconi in materia di tagli lineari al comparto delle forze dell'ordine - è servito a nulla essere sceso in campo per dare battaglia. Qualcuno l'avrebbe chiamata crociata: tentare, invano, di impedire che a Milano si organizzasse l'asta dei volantini delle Br, tra cui il famigerato comunicato numero 6 del 15 aprile  1978, quello che rivendicò l'imminente omicidio di Aldo Moro. Di questa iniziativa diede notizia per primo il Corriere della Sera circa una settimana fa, annunciando che gli originali di quei volantini potevano valere decine di migliaia di euro. E in effetti sembra  che Dell'Utri ne abbia sganciati 18mila solo per quello che annunciava l'imminente "esecuzione" di Moro. Si sarebbe potuto obiettare che, se da quei messaggi di morte di matrice leninista lo stato poteva trarre un discreto profitto, la cosa non avrebbe dovuto poi menare tanto scandalo. Anche perché con i terreni e i fabbricati sequestrati alla mafia, quando ci si riesce, si fa la stessa cosa: vendita all'asta.

Ma tant'è. Il segretario del Coisp Franco Maccari ne ha voluto fare una battaglia di principio. E nell'arco degli scorsi tre giorni ha prima mandato due indignate lettere aperte al sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e al presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Poi ha preso carta e penna per l'inevitabile esposto alla procura della repubblica di Milano. Inoltre ha promesso e mantenuto una mobilitazione di piazza davanti alla Bolaffi, luogo dove a Milano il 29 marzo sono state battute all'asta le reliquie della lotta armata formato ideologico. Uno stesso concetto è ripetuto nella lettera a Pisapia e in quella a Napolitano: «Ci rifiutiamo di credere che le Istituzioni italiane possano far passare sotto un indifferente silenzio il mercimonio di quei documenti brigatisti, che, come purtroppo già accaduto in situazioni analoghe, rischiano di fare divenire quei volantini degli oggetti di culto da parte di chi non ha mai smesso di credere nella lotta armata allo Stato».

A Napolitano, Maccari ha anche scritto che «dietro ai medesimi paraventi del profitto, si sono nascosti coloro che glorificano in pellicole cinematografiche o nelle fiction delle tv, assassini patentati come Vallanzasca o Maniero. Questo scempio etico umilia i cittadini italiani, lo Stato ed i suoi Servitori». E ai magistrati di Milano, infine, ha chiesto di verificare «la provenienza» di quelli che si ostina a considerare «corpi di reato», e non sinistri cimeli di quasi mezzo secolo fa. Con questo metro di ragionamento, la tv e il cinema non dovrebbero più narrare le gesta, vere o romanzate, di delinquenti, mafiosi, assassini e terroristi. Magari convertendosi alle sceneggiature sulle vite dei santi. Se la sente Maccari di prendersi pure la responsabilità della ineluttabile fine dello show business mondiale?

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:19