Forte con i deboli, debole con i forti

La discussione sui contributi statali all'editoria si accende ogni giorno di più, complice una classe politica che nel tentativo di difendere i propri privilegi (in primis il rimborso elettorale, ipocrita definizione dietro la quale si cela il contributo pubblico ai partiti) offre in pasto al popolo affamato dalle tasse la testa di giornali e giornalisti. E il popolo, grazie all'aiuto di alcuni casi come quello riguardante Lavitola, è ben felice di bagnarsi le mani di sangue, facendo spesso finta di non sapere che quel sangue riguarda anche giornalisti e poligrafici che, come loro, faranno fatica ad arrivare a fine mese. E magari, andando in cassa integrazione, finiranno per gravare ancora di più sulle tasche dei cittadini.

La cosa più curiosa, però, è lo scaricabarile - tipicamente italiano - che si sta scatenando. I politici (non tutti, per carità) evidenziano come siano troppi i contributi ai giornali. I quali, a loro volta, si difendono attaccando i più piccoli e di conseguenza più deboli. Meglio ancora se della loro stessa area politica. Accade così che Mario Giordano incalza in tv, a La7, il nostro direttore Arturo Diaconale, al fine di pubblicizzare il suo ultimo libro che tratta, naturalmente, di sprechi. Dimenticando, forse, un suo passato in bilico tra Il Giornale e Libero. E già, Libero, il quotidiano fondato da Vittorio Feltri ed oggi diretto da Maurizio Belpietro che percepirebbe dallo Stato italiano sei milioni di euro, circa, ogni dodici mesi. Usiamo il verbo al condizionale perchè lo stesso direttore, poco più di un mese fa, ha annunciato ai giornalisti del quotidiano l'apertura di un tavolo di trattative per lo stato di crisi, visto che «dal 2008 il giornale non percepisce contributi» a causa di un contenzioso in corso, visto che uno stesso editore non può riceve due contributi per due giornali diversi, e l'editore di Libero, Tonino Angelucci, era al tempo proprietario anche de Il Riformista. Troppi milioni in meno e dunque ai giornalisti l'ardua scelta: cassa integrazione o solidarietà? Naturalmente, la seconda che hai detto.

Tutto questo sembra semplice gossip interno a redazioni di giornali. C'è però un precedente che rende la storia più interessante. Nell'estate del 2008, Belpietro - all'epoca direttore di Panorama - scrive un editoriale proprio sul tema dei contributi all'editoria e si domanda «come sia possibile che un quotidiano come L'Opinione delle Libertà prenda ogni anno due milioni di euro». Tralasciando il fatto che successivamente Belpietro non pubblicò la lettera di risposta di Diaconale, ci domandiamo per quale motivo i due milioni de L'Opinione dovrebbero far imbestialire i cittadini e i sei milioni di Libero no. E soprattutto perchè L'Opinione deve essere considerato un giornale "assistito" e Libero no, visto che chiede lo stato di crisi se non riceve il contributo?

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:05