
Con l'arrivo del governo tecnico, sembra che le priorità siano
cambiate. Soprattutto per alcuni politici. E' il caso di Ignazio
Marino, parlamentare del Pd, sempre in prima linea per combattere
l'emergenza carceri e la situazione vergognosa degli ex manicomi
criminali. Ma, ora, sembra che tutto ciò che riguardi la giustizia,
sia passato in cavalleria.
Solo Marco Pannella, con il suo ennesimo sciopero della fame, ha
riportato agli onori della cronaca la oggettiva emergenza italiana.
"Francamente non credo che la giustizia sia una priorità in questo
momento. Forse è la priorità di alcuni esponenti del
centro-destra".
Così il senatore Ignazio Marino in una lunga intervista al "Fatto
quotidiano". Marino poi prosegue sostenendo di essere "contro il
bavaglio alle intercettazioni e faccio sempre l'esempio della
clinica Santa Rita dove dei chirurghi, e fatico a dirlo da
chirurgo, toglievano delle mammelle senza tumore solo per
guadagnare un migliaio di euro in più.
Senza le intercettazioni questo scandalo non sarebbe stato
scoperto…". A parte il particolare che se si è scoperto grazie alle
intercettazioni che dei chirurghi facevano quello che facevano e
per questo sono inquisiti e sotto processo, bisognerebbe capire la
ragione per cui erano sotto "ascolto", per quale motivo quelle
intercettazioni erano state autorizzate; ma una motivo ci sarà
senz'altro e probabilmente siamo noi colpevolmente ignoranti.
Ad ogni modo ridurre la questione della giustizia a questo, è
davvero indicativo di come certe questioni vengono trattate,
percepite; e rubrichiamo dunque il senatore Marino tra "la brava
gente": pubblica opinione a cui viene negata informazione e
conoscenza, e viene perciò privata della condizione preliminare per
potersi formare un'opinione, più vicini ai sudditi che ai
cittadini.
Dunque, come sostiene il senatore Marino, la questione giustizia
non è una priorità, "in questo momento". Quando sarà, il momento? E
lasciamo perdere (anche se non bisognerebbe lasciarlo perdere per
nulla), le condizioni delle nostre carceri, i suicidi di detenuti e
agenti di polizia penitenziaria, l'intollerabile quantità di
detenuti in attesa di giudizio e che verranno poi dichiarati
innocenti, i processi che si sa quando cominciano e mai quando
finiscono con relative condanne da parte delle corti di giustizia
europee, i tribunali e gli uffici giudiziari soffocati da migliaia
di procedimenti destinati inevitabilmente a finire in prescrizione;
lasciamo dunque perdere tutto questo enorme carico di sofferenza
che non è risarcibile, si patisce e basta.
Lasciamo perdere tutto questo. "Monetizziamo" per quello che si
può fare. In una audizione in commissione Bilancio della Camera (14
marzo scorso), il capo economista dell'OCSE Pier Carlo Padoan, ha
trattato la questione della corruzione e della lentezza della
giustizia: e li ha indicati come "gli ostacoli per la competitività
di un paese civile e moderno".
Con buona pace del senatore Marino, per il quale la questione
giustizia non è una priorità, "in questo momento". Secondo il
Comitato investitori esteri di Confindustria (il documento è del
novembre scorso), "il buon funzionamento della giustizia, la
semplificazione e la chiarezza delle norme, devono essere
considerati una delle leve decisive per potenziare l'attrattività
degli investimenti esteri in Italia, che riguardano al momento
circa 14 mila imprese per circa un milione e trecentomila
dipendenti".
Con buona pace del senatore Marino, per il quale la questione
giustizia non è una priorità, "in questo momento". Lasciamo perdere
il penale (anche se non bisognerebbe lasciarlo perdere per nulla);
occupiamoci del civile. Occorrono circa 500 giorni per una sentenza
civile di primo grado: 553, per l'esattezza, a fronte dei 129
giorni in Austria e 286 in Francia.
Il centro studi di Confindustria, che ha elaborato dati della
Banca Mondiale, la soluzione di una controversia commerciale in
Italia ha bisogno di circa 41 procedure diverse, comporta una
durata di 1.210 giorni di durata e deve sostenere costi complessivi
pari al 30 per cento dell'intero valore della controversia.
Nei paesi occidentali, le procedure sono una trentina, e i tempi
molto più rapidi: circa 300 giorni negli Stati Uniti, 394 in
Germania. I costi sono sotto il 20 per cento del valore della
causa. E si calcola che una giustizia più rapida del 10 per cento
varrebbe un aumento annuo del prodotto interno lordo pari allo 0,8
per cento.
Con buona pace del senatore Marino, per il quale la questione
giustizia non è una priorità, "in questo momento". Forse qualcuno
ricorda "Il mistero del capitale", un libro di qualche anno fa
dell'economista peruviano Hernando De Soto. Sosteneva, in sostanza,
che la mancanza di un sistema legale che protegga la proprietà e
l'attività delle imprese è un problema tipico dei paesi molto
arretrati, e che lo sviluppo appunto va di pari passo con
l'efficienza della giustizia.
Quella giustizia che, secondo il senatore Marino, non è una
priorità "in questo momento". Come i pochi dati che abbiamo
squadernato dimostrano, si tratta invece di una priorità, e proprio
in questo momento. Per questo Marco Pannella ha cominciato qualche
giorno fa uno sciopero della fame ad oltranza, e i radicali hanno
indetto per il giorno di Pasqua una Marcia "per l'amnistia, la
giustizia e la legalità".
E' da sperare che in questo fazzoletto di giorni che ci separa
dalla Pasqua anche il senatore Marino si convinca che quella della
giustizia è una priorità, e decida di aderire e anche lui
marciare.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:39