Si allarga il mercato dei video privati rubati

Internet, WhatsApp, Facebook, Instagram, You Tube, TikTok, Vpn. Le reti private virtuali che creano connessioni tra computer e un server remoto coinvolgono la vita quotidiana di milioni di persone. “ Il grande vecchio” di George Orwell ha consolidato la sua presenza in tutto il pianeta e in tutte le sfere dell’attività umana, a partire dal pagamento con le carte di credito, la richiesta di un taxi, di oggetti di abbigliamento, di cibo. Milioni di hacker sono quindi in grado di sfruttare le microonde dello spazio, e regimi autoritari come la Russia e la Cina inondano le comunicazioni con notizie false a scopi propagandistici. Negli ultimi tempi si sono scoperti in Italia fenomeni nuovi di furti di informazioni riservate, pubbliche o private.

Era noto che venissero clonati i bancomat attraverso sistemi sempre più sofisticati installati abusivamente negli sportelli delle banche o delle poste. Il rischio delle clonazioni è andato crescendo, come la crescita dell’abilità delle bande specializzate nei furti dalle videocamere delle abitazioni. Quello che ha colpito l’attenzione dell’opinione pubblica sono stati episodi che hanno colpito personaggi famosi come Raoul Bova e il conduttore televisivo Stefano De Martino. Il terzo caso clamoroso è stata la scoperta di un gruppo Facebook in cui venivano resi noti particolari scabrosi di donne sposate. Un audio pubblicato su Instagram dal fotografo Fabrizio Corona ha rilevato la relazione di Bova con Martina Ceretti, dietro il quale ci sarebbe una tentata estorsione ad opera dell’amico della ragazza Federico Monzino. Dopo la denuncia il Garante della privacy ha accolto la richiesta di divieto di “riproduzione e divulgazione, sotto qualsiasi forma, dell’audio” che era ancora presente sui social di Fabrizio Corona.

A ridosso di questo episodio è scoppiato il caso del video, con immagini intime, di De Martino con la compagna Caroline Tronelli. Gli investigatori hanno accertato che il filmato, rubato e messo in rete, è stato estrapolato dal server di videosorveglianza a circuito chiuso installato in casa. Secondo la Procura della Repubblica, l’autore del reato di accesso abusivo e diffusione illecita delle immagini sarebbe un tecnico infedele. È stato, invece, il vertice di uno dei big del web Meta a chiudere il gruppo Facebook “Mia moglie” per violazione dei principi contro lo sfruttamento sessuale di adulti. Era nato nel 2019, raggiungendo 32mila iscritti, con una crescente espansione online di foto e filmati di persone che descrivevano stupri virtuali e reali, violenze varie. E ciò nonostante il “revenge porn” sia stato inserito come reato all’articolo 612 ter del Codice penale, che riguarda la “diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti, senza il consenso della parte di chi appare”. Le scritte agli scatti hot hanno fatto raggiungere un primo risultato ma le migliaia di utenti che guardano e commentano i filmati stanno spingendo i social a nuove pagine web, anche se meno accessibili.

Il mercato dei video rubati a videocamere private prolifera. A Milano sono stati condannati cinque imputati in primo giudizio per diffusione abusivo di codici d’accesso. Basta intercettare password mai cambiate o semplici per trasformare l’occhio elettronico in una finestra spalancata sul privato. Il social network russo VKontakte metteva in vendita utenze, video con persone in salotto, camera da letto, sotto la doccia a 10 euro. Il catalogo digitale era a disposizione di tutti.

Aggiornato il 26 agosto 2025 alle ore 10:45