
Purché sia intelligente. Artificiale lo è di sicuro. Anche troppo artificiale. Alla London Tech Week il governo britannico ha annunciato il piano per l’alfabetizzazione digitale: 7,5 milioni e mezzo di lavoratori da formare e un milione di studenti da “iniziare” alle pratiche dell’Ia. Il progetto si basa su una collaborazione senza precedenti tra Downing Street con i meglio padroni della materia, tra cui, ovviamente, Google, Microsoft, Amazon e Nvidia. L’obiettivo basico è dare ai lavoratori le competenze necessarie per sfruttare modelli linguistici leader, come ChatGPT, e quindi aumentare la loro produttività. E poi ci sono gli studenti delle scuole medie, superiori e dell’università, per i quali verranno investiti circa 190 milioni di sterline (225 milioni di euro), per il programma TechFirst, che rimodellerà l’istruzione nazionale sulla necessità di utilizzare al meglio l’Intelligenza artificiale.
Per il governo laburista si tratta di “trasformazione radicale”, poiché la Gran Bretagna deve diventare non un semplice consumatore, ma anche un “creatore” di Intelligenza artificiale. Il settore nel Regno Unito vale già 72 miliardi di sterline, impiega oltre 64mila persone e cresce 30 volte più velocemente del resto dell’economia. Uno sviluppo che a Downing Street prevedono di accelerare ulteriormente investendo un miliardo di sterline per aumentare di 20 volte la sua capacità di calcolo entro il 2030. Strategia molto aggressiva, dunque, quasi di matrice militare (con la scusa di dover preparare quasi 8 milioni di lavoratori e un milione di futuri “soldati” dell’hi tech). A qualcuno la corsa sfrenata alla tecnologia ricorda quella agli armamenti che contribuì a far implodere l’economia sovietica. In questo caso, ci si chiede, sarà una competizione in cui vinceranno più o meno tutti o bisognerà attrezzarsi affinché i soccorsi arrivino in tempo, nel caso qualcuno rimanga indietro o addirittura non riesca ad emergere dalla possibili sabbie mobili della global technology? Chi saranno, dunque, i cuori ribelli della nuova corsa all’oro?
Secondo Goldman Sachs, l’Ia generativa (come ChatGPT) avrà probabilmente un impatto su 300 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. Impatto negativo, s’intende. Ecco perché oltre alla capacità delle macchine di prendere decisioni al nostro posto si sta accelerando anche la crociata contro gli “infedeli” che non hanno capito o non vogliono capire in quale guaio si starebbe cacciando il genere umano. La nuova battaglia ideologica è contro l’utilizzo acritico dell’Intelligenza artificiale, e dell’idea stessa di un futuro che, come tale, deve essere sempre necessariamente migliore del presente e del passato. Il pericolo, si fa notare, è che i giovani non ragionino più con la loro testa. È il cosiddetto divario digitale che divide generazioni più o meno tecnologiche. Il piano del governo britannico vuole, dunque, diminuire le distanze e puntare proprio sull’educazione ai media degli over 50-60, per evitare, dicono ufficialmente, discriminazioni e disparità. E per abbattere il tabù di un nuovo “mille, non più mille, la fine del mondo”.
La storia è sempre quella: un coltello può servire a tagliare il pane che darà da mangiare a chi a fame o può colpire a morte una persona. Educare all’Ia, affermano gli esperti, significa saper fare buon uso di questo coltello. Che però in un contesto simile può anche servire a tagliare letteralmente – sic – e definitivamente centinaia di milioni di posti di lavoro. Stiamo attenti, allora, che non diventi una spada laser. Prendete Meta, per esempio. Dopo aver annunciato l’avvio della collaborazione con i settori della difesa e del nucleare, l’ex Facebook sta avviando trattative, secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg, con Scale AI, una delle principali start-up americane nel campo dell’Intelligenza artificiale. L’accordo potrebbe essere siglato a circa 10 miliardi di dollari, e diventerebbe così il più grande investimento di Meta nel settore dall’avvento dei chatbot nel 2022.
Scale AI era stata valutata 14 miliardi di dollari nel 2024 e aveva pure discusso con gli investitori una possibile offerta pubblica di acquisto da 25 miliardi di dollari. Genera un fatturato di 870 milioni di dollari (2024), ma stima di poter raddoppiare questa cifra a 2 miliardi di dollari nel 2025. Fondata e guidata da Alexandr Wang, Scale AI è specializzata nell’elaborazione e nell’annotazione dei dati utilizzati dai modelli di Intelligenza artificiale, che consente quindi l’ordinamento di testi, immagini e video utilizzati come base per i modelli di addestramento. Si tratta di un passaggio cruciale, poiché la disponibilità di dati di qualità è uno dei principali ostacoli allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale generativa. Senza questi dati, non può esistere un chatbot; con dati degradati, il rischio di errori “allucinatori” è maggiore. Per Meta, si fa notare, questo potenziale investimento ha un valore strategico: ottenere l’accesso a una materia prima rara che diventerà sempre più rara man mano che i suoi modelli consumeranno i dati esistenti. In generale, il progetto di Meta è di investire 65 miliardi di dollari nell’Intelligenza artificiale, in particolare per sviluppare la propria infrastruttura.
E noi poveri mortali, che c’entriamo in tutto questo? Gli esperti invitano a informarsi il più possibile e a restare vigili. Intanto c’è da capire cosa sia davvero un’Ia, per rendersi subito conto che non è né un essere umano né un motore di ricerca; non pensa né riflette come noi, ma è semplicemente uno strumento che genera risposte compilando milioni di parametri che i progettisti le hanno fornito. Funziona come una scatola nera, ma è un funzionamento opaco, poiché conosciamo l’input (la nostra domanda) e l’output (la risposta), ma non come sono stati creati. Poi è necessario non credere a tutto quelle che ci dice, perché a volte può anche inventarsi tutto, controllare sempre i dati e non diventarne troppo dipendenti, perché l’Ia può aiutarti in molte cose, ma occorre mantenere le proprie capacità di pensiero critico. Infine bisogna saper individuare l’Ia nella nostra vita quotidiana, poiché è già ovunque (streaming musicale, social media, riconoscimento facciale, strumenti di scrittura) e influenza il nostro modo di vedere e comprendere il mondo, fare un po’ di formazione e gettare un occhio alla legislazione esistente per limitare gli abusi e soprattutto capire bene come governi e aziende utilizzano queste tecnologie.
Aggiornato il 11 giugno 2025 alle ore 16:19