Nelle ultime ore sarebbe stato appurato che anche i chip di Huawei sono stati usati per lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale DeepSeek. La corsa all’Ia potrebbe essere entrata in una nuova fase e, stavolta, la Cina fa sul serio. Secondo un’informativa rivelata dal sito specializzato Gsm Arena, dietro il lavoro di DeepSeek c’è l’Ascend 910C, un chip di casa Huawei destinato all’inferenza, ossia la generazione di risposte agli utenti. L’addestramento, invece, avviene su Nvidia H800, una versione limitata dell’H100, progettata appositamente per il mercato cinese. Il dato più sorprendente? DeepSeek forse non riuscirebbe a reggere il confronto con ChatGpt e i modelli più avanzati, utilizzando un hardware meno potente e costoso. Ma il fatto che il suo codice è open source, e può essere addestrata da chiunque in locale, la rende come minimo degna di attenzione. Se confermata, la notizia del coinvolgimento di Huawei sarebbe la prova definitiva dell’ambizione del colosso di Shenzhen di imporsi nel settore. Lo scorso aprile, Huawei ha già tracciato le sue mosse: un piano a lungo termine per l’Ia, che include lo sviluppo di un assistente intelligente per dispositivi mobili e, secondo Gsm Arena, il lancio imminente del chip 920C, pensato per sfidare il Blackwell B200 di Nvidia, il re indiscusso dei semiconduttori per Ia.
Dall’altra parte del Pacifico, gli Stati Uniti al momento incassano il colpo. E Donald Trump, con le idee più che chiare, non le manda a dire. DeepSeek, secondo il presidente, è “un campanello d’allarme” per la Silicon Valley: “L’industria tecnologica americana deve svegliarsi, reagire e soprattutto trovare il modo di produrre di più, meglio e a prezzi più competitivi”. “Se l’Ia si può fare a un costo inferiore ottenendo lo stesso risultato, allora è una buona cosa. È positivo, se è vero. E nessuno sa se sia vero,” ha commentato Trump, lasciando intendere che DeepSeek potrebbe anche essere frutto di un abile gioco propagandistico. Ma una cosa è certa: la sfida cinese non è più un’ipotesi. Wall Street lo ha capito subito, e il tonfo di Nvidia ne è la prova. Lunedì, il colosso dei semiconduttori ha perso il 17 per cento in Borsa, uno dei cali peggiori della sua storia recente, prima di recuperare parzialmente con un rimbalzo del 3 per cento.
A raccogliere il guanto di sfida è anche Sam Altman, Ceo di OpenAI, l’uomo dietro ChatGpt. Senza nascondere il rispetto per il rivale cinese, Altman ha riconosciuto il valore di DeepSeek: “Il modello R1 è notevole, soprattutto per il rapporto qualità-prezzo. Noi continueremo a offrire modelli migliori, ma è stimolante avere un nuovo competitor”. Dietro le quinte, la competizione si gioca sulla conquista dei migliori ingegneri. Gli Stati Uniti e la Cina sono in piena “guerra dei talenti”, con le due superpotenze pronte a tutto per accaparrarsi i cervelli più brillanti. L’obiettivo finale? Spingere l’Ia oltre la generazione di testi e immagini, verso la cosiddetta Intelligenza generale artificiale (Agi).
Non tutti, però, sono convinti che DeepSeek sia già il nuovo padrone della scena. Secondo il Wall Street Journal, la reazione di Wall Street potrebbe essere stata esagerata. Se da un lato il colosso cinese ha dimostrato efficienza, dall’altro va considerato che le restrizioni americane sui semiconduttori sono entrate in vigore con ritardo, consentendo alla Cina di accumulare un buon numero di Nvidia H800. A dicembre, DeepSeek ha ammesso di aver impiegato 2.048 unità Nvidia H800 per l’addestramento dei suoi modelli, un dettaglio che solleva più di un interrogativo: possibile che il gruppo cinese sia riuscito a mettere le mani anche su H100, eludendo i divieti imposti dagli Stati Uniti? Marc Andreessen, fondatore di Netscape e venture capitalist di punta della Silicon Valley, non ha dubbi: questo è “un momento Sputnik” per l’Intelligenza artificiale, un riferimento al 1957, quando l’Unione sovietica lanciò il primo satellite nello spazio, obbligando gli Usa ad accelerare la corsa spaziale.
Aggiornato il 29 gennaio 2025 alle ore 17:29