Australia, Meta e Google dovranno pagare le notizie

Le Big Tech rischiano ulteriori tasse. Google, Meta e TikTok dovranno pagare per le notizie condivise sulle loro piattaforme. O almeno, questo è ciò che ha deciso il governo australiano, a partire dal 1 gennaio 2025. La scelta della Land down under è predisposta a premiare i new e old media locali, che devono vedere una restituzione nel lavoro che mettono a disposizione per la comunità. “Il giornalismo di qualità è il cuore della democrazia. È ora che le piattaforme digitali facciano la loro parte”. Queste le parole con cui il ministro delle Comunicazioni Michelle Rowland ha promosso l’iniziativa dell’Esecutivo.

Non si tratta solo di proteggere l’informazione indipendente, ma di garantire un futuro a un settore in difficoltà, spesso schiacciato dall’impero dei giganti tecnologici. La tassa, destinata alle piattaforme con ricavi superiori a 250 milioni di dollari australiani (circa 160 milioni di dollari Usa), non è solo un modo per fare cassa. È anche una leva per spingere le aziende a negoziare direttamente con i media e siglare nuovi accordi per remunerare i contenuti. Chi accetterà il dialogo potrà evitare la tassazione, un approccio che, come sottolinea il ministro dei Servizi Finanziari Stephen Jones, punta più sulla cooperazione che sullo scontro.

Questa iniziativa arriva mentre scadono gli accordi previsti dal News media bargaining code del 2021, una normativa innovativa che aveva già obbligato i colossi tech a pagare per le notizie condivise. Ora, l’obiettivo è rafforzare quel sistema e garantire stabilità economica a un settore fondamentale per la democrazia. Non mancano i precedenti. Nel 2021, Facebook aveva reagito duramente bloccando temporaneamente la condivisione di notizie in Australia, salvo poi fare marcia indietro. Ma questa volta Canberra sembra pronta al braccio di ferro. Il messaggio è chiaro: non c’è spazio per chi prende senza dare nulla in cambio.

Aggiornato il 12 dicembre 2024 alle ore 15:31