Water Intelligence, il grande business dell’acqua

Se vogliamo un futuro sostenibile dobbiamo assicurarci l’acqua. Chi non comprende l’essenzialità del messaggio e la sua strategicità? Madre Teresa di Calcutta diceva: “Più ci saranno gocce di acqua pulita, più il mondo risplenderà di bellezza”. Alluvioni e siccità, cambiamenti climatici e nuove tecnologie, che per il loro raffreddamento richiedono un forte consumo idrico, le esigenze crescenti e sempre più mirate dell’agricoltura, i volumi necessari alle industrie, l’uso civico e le esigenze del cittadino moderno. Tutto quanto stiamo vivendo nella nuova era digitale mette al centro il bene più prezioso. L’acqua, come l’energia, è l’oro blu da cui dipende non più solo la vita, ma il suo sviluppo, la sua continuità e la sua qualità.

Si è creata così una nuova categoria: “I top manager H2O”. E i più intraprendenti e qualificati sono italiani. Giovedì scorso, a Roma, alla Sala Serpieri di Confagricoltura hanno presentato, in collaborazione con Italiadecide, Water Intelligence”, il Report Nazionale dell’Osservatorio Proger dedicato all’innovazione nella gestione delle risorse idriche. Con un focus speciale: acqua e Intelligenza artificiale. Se la Ia è il grande protagonista del dibattito odierno a tutti i livelli, al centro della discussione è certamente il ruolo dell’intelletto meccanico nella produzione e nel consumo idrico.

A Proger lo sanno bene. E Proger è un fiore all’occhiello internazionale che, da settant’anni, vanta il meglio dell’expertise nel management e l’ingegneria in diversi settori: infrastrutture, trasporti, ambiente e sostenibilità, energia verde, edilizia, oil & gas.

Il rapporto, a cura di Erasmo D’Angelis e Mauro Grassi, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione Earth and Water Agenda, è una miniera di dati e spunti. A cominciare dal più importante: l’acqua è la risorsa più abbondante, ma troppo spesso mal gestita. Messaggio che passa a tutti, ma non tutti forse sanno lo sforzo che, non i mercanti del Tempio, ma i Saoshyant, cioè i salvatori della vittoria finale stanno facendo per coniugare “innovazione e acqua”. Per il singolo, per cui l’acqua è l’habitat naturale e bene-diritto primario, allo sviluppo agricolo e industriale, meccanico e digitale per la produzione in tutte le sue forme.

È talmente come scrivo che già Talete, padre della filosofia secondo Aristotele, nel 600 a.C. diceva che “l’acqua è la sostanza da cui traggono origine tutte le cose; anzi, la sua scorrevolezza spiega anche i mutamenti delle cose stesse”. Non è forse così? Tutto ciò che è vivo si nutre di umidità. Ecco la sfida dei “manager H2O”.

Secondo il “Rapporto Water” in Italia sono oltre 150mila le applicazioni tecnologiche, inclusi i software Ia, per il monitoraggio e la gestione dell’acqua, di cui 110mila solo per l’irrigazione virtuosa. Un boom di piattaforme, di applicazioni, dalla sensorìstica alla robotica per supportare in modo “intelligente” stoccaggio, prelievo, distribuzione, consumo e depurazione nell’ambito del servizio idrico integrato. Un’offerta ampissima di soluzioni digitali per desalinizzazione, depurazione, rigenerazione e riuso delle acque di scarico. Oltre alla “modellazione predittiva” e “data mining” per anticipare eventi catastrofici e pianificare le difese del rischio idrogeologico. Un’esigenza così sentita e necessaria, che il mondo dell’economia è in fibrillazione per accaparrarsi questi dati.

“Riusciamo in parte a proteggerli – hanno spiegato i manager – ma è evidente che la maggior parte sono pubblici. Quello che è nostro e difendibile e il know-how in questo campo attualmente è tutto italiano”. È iniziata la corsa all’oro blu, come ai grandi tempi dei cercatori, ma stavolta la grande miniera è qui, tutta tricolore. Notizia da poco?

Sono già 110mila le aziende agricole italiane che utilizzano tecnologie specifiche in questo campo. Certo, c’è molto da fare su un totale nazionale di 1 milione e 130mila, considerando che il comparto agricolo consuma il 50 per cento del totale di domanda di acqua del nostro Paese. Ma, finalmente, una buona notizia: non siamo in ritardo. C’è un’avanzata tumultuosa di applicazioni hi-tech. Oltre all’Ia e alla sensorìstica e robotica, supercalcolatori, satelliti, gemelli digitali, simulatori, membrane, condotte. E le tecnologie disponibili sono made in Italy con i nostri enti scientifici (Ispra, Cnr, Enea, Copernicus) in pole position. Quanti sanno che l’eccellenza italiana in questo settore arriva fino allo spazio: l’acqua fornita dalla Smat di Torino disseta gli astronauti e cosmonauti della Stazione spaziale internazionale (Iss)? E volete che lasceranno noi, i cittadini, a morire di sete?

Un distinguo importante è venuto dai partecipanti alle tavole rotonde. I neo “super H2O” hanno i nomi di Mario Nobile, direttore generale dell’Agid (Agenzia per l’Italia Digitale); Donato Rotundo, direttore delle Politiche dello Sviluppo sostenibile e dell’innovazione di Confagricoltura; Marco Sandrucci, responsabile del Dipartimento Ambiente e Geologia di Proger e coordinatore del gruppo di lavoro Sostenibilità Idrica di Assoreca; Andrea Tarantelli, coordinatore dello User Forum Nazionale di Copernicus e Tania Tellini, direttore Settore Acqua Utilitalia. A cui sono seguite le riflessioni, molto attese, sulla sicurezza idrica delle “lady acqua” Paola Pagliara, coordinatore Ufficio Attività Tecnico-Scientifiche Previsioni e Prevenzione del Dipartimento della Protezione civile e Maria Siclari, direttore generale di Ispra con Enrico Pezzoli, responsabile Sviluppo Business Idrico di Acea.

Il distinguo è importante: non manca l’acqua e dunque dobbiamo farla pagare. Perché se questo fosse, addio super manager, sarebbe finita la Terra e dunque la vita. Come ha precisato Mario Nobile: “Il problema, però, è far capire che l’acqua non cade solo dal cielo, ma è un bene così essenziale che bisogna prima di tutto tutelarla, curarla, rendere efficiente il trasporto e anche il consumo. Perché se hai spazzatura in ingresso, hai spazzatura in uscita”. La dottoressa Pagliara ha rimarcato che “siccità e alluvioni sono due facce dello stesso problema”.

Il “Rapporto Water Intelligence” di Ewa avverte anche che le nuove tecnologie consumano moltissima acqua per il raffreddamento delle unità di elaborazione dati: “Nel 2022 le aziende tecnologiche global top, da Google a Microsoft fino a Meta, hanno consumato 2 miliardi di metri cubi di acqua dolce. E fra 3 anni, con l’Intelligenza artificiale, la domanda richiederà prelievi tra i 4,2 e i 6,6 miliardi di metri cubi”.

Eccoci dunque ai nodi: costi e investimenti. Negli ultimi anni lo Stato italiano ha investito tra l’1 e il 2 per cento della spesa pubblica, cioè quasi zero rispetto ad altri settori. Nel Pnrr, come hanno sottolineato i relatori, gli investimenti sono pari a 4,3 miliardi di euro su un totale di 238. A fronte di emergenze massicce.

“Negli ultimi vent’anni abbiamo attraversato 9 fasi di siccità per costi pari a 30 miliardi di euro”, scrivono gli autori del Report. La vulnerabilità idrica è data soprattutto dall’assenza o carenza di infrastrutture primarie e da una gestione programmata e condivisa per lo stoccaggio, la distribuzione e il riuso. “Sebbene l’Italia sia dotata di abbondante acqua dolce teoricamente prelevabile (140 miliardi di metri cubi, ndr) – hanno sottolineato D’Angelis e Grassi – questa generosa condizione naturale non si traduce in altrettanta abbondanza nella disponibilità della risorsa”.

Per dare un’idea chiara, siamo come su una barca circondati da tutta l’acqua del pianeta, ma i nostri serbatoi funzionano male o, peggio, sono agli sgoccioli. Quando si dice l’acqua non è un bene inesauribile non si intende la vita e la Terra, l’universo insomma, ma i nostri serbatoi. Da qui il messaggio dei manager di Proger di accelerare l’attività necessaria. “Serve un Piano Marshall”, è il richiamo lanciato alla classe politica, poiché ai cambiamenti climatici corrisponde ancora insufficienza e soprattutto vetustà delle infrastrutture concepite sulle necessità degli anni Cinquanta del secolo scorso. Mentre oggi, a seguito del forte aumento delle presenze, incentivazione al turismo, nuove produzioni e nuove tecnologie, si rischia di non poter garantire “acqua per tutti”.

“L’Italia, che tra i 27 Paesi della Ue preleva più acqua – si legge nel documento – è in testa nelle perdite lungo i circa 400mila km di rete del Sistema Idrico Integrato: dei 9,1 miliardi immessi ogni anno, ne arrivano a destinazione 4,6 miliardi di metri cubi”. E il rischio, ha avvertito Marco Sandrucci, responsabile di Proger e coordinatore di Assoreca, “è di non essere capiti dal consumatore finale quando si evidenzia che in Italia l’acqua ha le tariffe più basse d’Europa”. In Germania e Danimarca si registrano i costi più alti e a Parigi l’acqua si paga tre volte di più che da noi. Maria Siclari, direttore generale di Ispra, ha aggiunto: “Le nostre tariffe non coprono neppure gli investimenti”.

Come l’oro più dell’oro? Arriveremo alla Borsa dell’Acqua a fronte di tante regioni in cui la fornitura è indecente? E rispetto a troppi che ancora fanno la fila con le taniche e alle autobotti, perché ancora in certe parti e in certe cittadine i rubinetti sono a secco? Possiamo chiamare questa “innovazione” quando abbiamo chiuso le fontanelle italiane, da cui sgorgava spontanea, libera e gratuita la migliore acqua del mondo? E come mai se queste sono le reali e serie condizioni critiche facciamo “porti e porte aperti a chiunque” e l’unica virtù che pare rimasta è un turismo simile a una catastrofica invasione? Annunciamo di dover razionare l’acqua, dopo quello che ci ha insegnato il Covid, a cominciare dalle mani pulite, con quello che sappiamo sui virus e sull’evoluzione sanitaria? Attenzione ai messaggi! Quando si dice che in quel determinato Paese lo stesso servizio si paga il doppio, o il triplo, si intende l’efficienza del servizio e quindi la soddisfazione del cliente in primis, poi il volano che proprio quelle tariffe producono in tutte le direzioni.

Altolà. “Le conclusioni sono positive – ha replicato, sereno, in chiusura dei lavori Chicco Testa, presidente di Assoambiente e presidente di Proger – Prima di tutto questo è un settore emergente per i giovani: acqua e Intelligenza artificiale possiamo considerarli un invito all’impiego, ai posti di lavoro e in particolare ai ruoli moderni ed emergenti. Le altre due buone notizie sono che abbiamo la scienza e la qualità tecnologiche per affrontare ogni emergenza, problema e sviluppo. Dobbiamo diffondere a livello di cultura, percezione e informazione, comportamenti corretti e adeguati”. Testa ha fatto un esempio concreto: “Sapete quante ore di automobile fa risparmiare il navigatore? Circa 5-10 ore all’anno. E sapete quanto al mondo costa un’ora di auto accesa? Miliardi di euro”.

Già, stare in mezzo all’oceano della vita, sulla nostra barca, alla deriva, con i serbatoi a secco, sarebbe proprio la fine.

Aggiornato il 23 giugno 2024 alle ore 13:59