Le risultanze attuali ci pongono un quesito epocale: l’auto elettrica è veramente la panacea di tutti i mali? O è un modo per far investire noi utenti in un campo sconosciuto e minato? È questo il dubbio che ci affligge non solo tra la gente comune, ma anche tra chi si occupa a livello tecnico-scientifico di questo cambiamento. Il nostro articolo percorre le domande che ci assalgono e speriamo di darvi un contributo che possa esservi utile. L’auto elettrica è diventata un vero e proprio dilemma non solo ambientale e sociale, ma anche economico e politico. L’Unione europea ha imposto il 2035 come l’anno in cui la vendita di mezzi con motori a combustione interna e ibridi sarà vietata negli Stati a lei appartenenti. Ma è un obiettivo sostenibile dal punto di vista finanziario?
La Cina sta puntando molto su questa tecnologia, anche grazie a una politica di diffusione di microcar elettriche a costo estremamente basso e d’incentivi alla popolazione, mentre in Occidente le corse sembrano procedere a rilento. Uno studio condotto lo scorso anno – relativo al periodo gennaio-maggio 2021 – dalla società di consulenza britannica Jato Dynamics segnalava come il prezzo medio delle auto elettriche in Europa fosse aumentato dai 33.292 euro del 2011 ai 42.568 euro del 2021 e negli Stati Uniti da 26.200 euro a 36.200 euro nello stesso arco di tempo, mentre in Cina era calato a 22.100 euro, letteralmente dimezzandosi (nel 2011 era a 41.800 euro).
Carlos Tavares, ceo di Stellantis, ha sottolineato recentemente in un’intervista al Corriere della Sera come le auto elettriche siano “del 50 per cento più costose” di quelle con motore termico, andando a colpire soprattutto il ceto medio, definendo la decisione da parte dell’Unione europea di fissare all’anno 2035 lo stop alla commercializzazione dei veicoli a combustione come “una scelta politica”. Sempre secondo gli analisti di Jato Dynamics vi è anche un confronto impietoso in termini di prezzi tra le auto con motore diesel/benzina o ibrido e quelle elettriche: per fare un esempio, il prezzo di partenza di una Fiat 500 ibrida è di 17.250 euro, mentre una 500 elettrica arriva a 27.500 euro, una differenza di oltre 10mila euro. Stessa cosa per la Volkswagen Golf, che parte da 28.400 euro, mentre il modello elettrico ID.3 tocca i 38.850 euro. Un’auto che si allontana dunque dall’uomo medio, diventando un oggetto maggiormente di lusso, appannaggio dei più privilegiati.
La presenza in Occidente d’incentivi per l’acquisto di questa tipologia di vetture non è perciò sufficiente, al momento, a giustificare l’acquisto di veicoli, di qualità sicuramente maggiore rispetto a quelli della terra del Dragone ma in Paesi dove mancano le infrastrutture necessarie a supportare la grande richiesta di elettricità che ne consegue. In un report del gennaio 2022 erano stati segnalati da Motus-E sulle autostrade italiane in media solo 1,2 punti di ricarica ultra-fast ogni 100 chilometri, cifra insufficiente per soddisfare una diffusione massiccia di veicoli 100 per cento elettrici da utilizzare su lunghi tragitti. A oggi, la situazione non sembra essere migliorata, nonostante i tanti progetti di voler espandere la rete di colonnine di ricarica, soprattutto rapida. La guerra in Ucraina e il taglio alle forniture di gas da parte della Russia, tuttavia, impongono un ripensamento anche ai nostri piani attuali, riportando in auge ipotesi accantonate per lungo tempo, come la possibilità di dare il via a trivellazioni sul suolo italiano da parte del Governo Meloni – nonostante molte resistenze nella stessa parte politica della presidente del Consiglio – e addirittura la rimessa in funzione delle centrali nucleari. Ipotesi appoggiata a livello europeo dalla paladina dell’ambiente Greta Thunberg che si piega a un insolito realismo che sa quasi di rassegnazione nei confronti di una campagna di mobilitazione mondiale per il clima che non ha sortito gli effetti da lei sperati.
In questa prospettiva di cercare di salvare le tecnologie a oggi esistenti, non è un mistero che molti puntino, almeno nel breve-medio termine, ai carburanti sintetici nel settore automobilistico per diminuire le emissioni di anidride carbonica, come nel caso della Formula 1, che sta cercando di tracciare una via alternativa grazie all’utilizzo a partire dalla stagione 2022 di benzina contenente il 10 per cento di etanolo – chiamata non a caso “E10” – la quale sarà solo il primo passo verso un biocarburante 100 per cento sostenibile da utilizzare anche commercialmente, stimando che nel mondo al 2030 solo l’8 per cento dei veicoli sarà totalmente elettrico.
Un modo, dunque, per evitare di mandare in pensione troppo anticipatamente i cari vecchi motori a combustione (o almeno gli ibridi). Un invito da più parti a guardare sì al futuro ma con lucidità e senza lasciarsi andare a cieche ideologie, soprattutto se rischiano di portare a un impoverimento generale della popolazione, che potrebbe ritrovarsi senza la possibilità di permettersi l’acquisto di un mezzo di trasporto fondamentale in tanti contesti come l’automobile.
Aggiornato il 30 aprile 2024 alle ore 10:07