Con un voto a larghissima maggioranza, il Parlamento europeo ha approvato una normativa sull’Intelligenza artificiale, intervenendo in un campo che mai prima d’ora era stato investito dalla legislazione: non solo in Europa, ma nel mondo. Già più di cinquant’anni fa Bruno Leoni aveva però fatto un’osservazione acuta quando, contestando il sociologo Wolfgang Friedmann, evidenziò come le trasformazioni del diritto non derivino tanto da fattori tecnologici (il fatto che un documento possa essere spedito per fax invece che per posta), ma da cambiamenti inerenti al modo di elaborare e pensare il diritto. La tesi di Leoni è che il diritto poggi sui principi di sempre, che nel mutare delle società conoscono soltanto adattamenti: perché un contratto è un contratto, una proprietà è una proprietà, e via dicendo. Il trionfo della legislazione, quale atto di volontà dei politici (lui usava la formula della “fabbrica del diritto”), muta però in profondità il diritto e il nostro rapporto con esso.
E in tal senso la nuova normativa conferma la tendenza a intervenire per via legislativa ovunque e in ogni modo, sulla base anche e soprattutto di premesse ideologiche che creeranno molti problemi all’ordinamento. Legiferando in tema di Intelligenza artificiale, il regolatore europeo ha considerato tutta una serie di rischi. Nel presentare tale iniziativa, non a caso, un esempio fatto è quello di strumenti di intelligenza artificiale che, se usati in un certo modo, “neghino ai cittadini la possibilità di avere un prestito”. In una società libera, però, ogni istituto di credito dovrebbe poter muoversi come meglio crede, usando le metodologie che più ritiene adatte per stabilire a chi concedere oppure no un credito. È allora facile vedere quali aberrazioni giuridiche e quali interferenze con le nostre libertà fondamentali questa normativa potrà generare.
Per giunta, ridotto il diritto a legislazione, non possiamo stupirci se queste normative introdotte d’imperio producano sempre nuovi apparati burocratici. E in effetti l’European Ai Office – costituito poche settimane fa – avrà un ruolo cruciale nell’implementare la normativa, ovviamente con tutto il potere che ne deriverà per quanti assumeranno questa o quella decisione. Alla tecnostruttura è affidato pure il compito di “sostenere gli organi di governance degli Stati membri nei loro compiti”, far “rispettare le regole per i modelli di Ia per scopi generali”, “condurre valutazioni di modelli di Ia generici, richiedere informazioni e misure ai fornitori di modelli e applicare sanzioni”. Abbiamo insomma nuovi obblighi e nuove sanzioni entro un quadro giuridico artificioso e anche ideologicamente orientato, in larga misura consegnato nelle mani di un piccolo gruppo di esperti scelti dalla politica. Queste nuove regole renderanno insomma più difficile muoversi in questo ambito, che pure appare offrire significative opportunità, e lungi dal proteggere meglio i nostri diritti questa normativa europea rischia di indebolirli ancora di più.
(*) Direttore del dipartimento di Teoria politica dell’Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 18 marzo 2024 alle ore 14:50