Anche su LinkedIn appare la spunta blu

Anche il social per i lavoratori, LinkedIn, si è iscritto alla grande famiglia della spunta blu. La piattaforma – pensata per lo sviluppo di contatti professionali e per la diffusione di contenuti relativi al mercato del lavoro – non chiederà nessun tipo di pagamento per la verifica dell’account, a differenza dei “cugini” Facebook, Instagram e Twitter. Il badge verrà associato, per gli utenti che ne faranno richiesta, al proprio datore di lavoro. Tutto questo per accertare che il lavoratore sia realmente chi afferma di essere sul network di proprietà di Microsoft.

Per avere la spunta blu su LinkedIn, basta seguire uno di questi tre procedimenti: per gli utenti che provengono dagli Stati Uniti, basta registrarsi su Clear, una piattaforma che usa il numero della carta d’identità e il cellulare registrato negli Usa. Poi, ci si può autenticare anche attraverso un indirizzo e-mail aziendale, e infine grazie al servizio Entra di Microsoft, un sistema di accesso verificato simile a Outlook aziendale.

I profili verificati si differenzieranno dagli utenti “normali” con un tick (segno di spunta) sulle pagine degli account. La procedura di autenticazione tramite la e-mail aziendale è già pronta all’uso per tutti gli utenti di LinkedIn, a patto che siano dipendenti di una delle oltre 4mila aziende supportate dal servizio. Per quanto riguarda Microsoft Entra, invece, il prodotto verrà lanciato sul social network verso fine aprile – in versione di prova – per due milioni di utenti, per poi venire esteso a tutti gli altri. Questa piattaforma è basata su standard aperti, essendo in grado di funzionare non solo su LinkedIn, ma su un’alta gamma di sistemi d’identità.

“L’autenticità online non è mai stata così importante”, dichiara Alex Weinert, vicepresidente della sicurezza delle identità di Microsoft, in un’intervista sul sito di giornalismo tecnologico The Verge. “Abbiamo assistito a un costante aumento delle presentazioni fraudolente negli ultimi anni – continua il dirigente – con persone che fingono di essere qualcun altro. Abbiamo bisogno di un sistema che ci dia la validità del professionista con cui si sta parlando, anche per certificare la presenza di un’azienda online”.

Aggiornato il 15 aprile 2023 alle ore 10:58