Molti divulgatori, nel supermedium in cui galleggiamo, si sono trasformati in apostoli della fede nei confronti di Madre Natura. Tuttavia, i miglioramenti dell’ambiente naturale non hanno bisogno di chiacchiere politicamente corrette, che anzi sono deleterie. La tecnologia è invece molto utile. Riportiamo di seguito alcune novità che potrebbero portarci più vicino al nuovo mix dell’energia fonti alternative, gas e nucleare. Due giorni fa l’Unione europea ha incluso gas e le centrali nucleari di nuova generazione tra le fonti di energia “green”, contro il lunghissimo lucro elettorale ottenuto dalla Russia e dalle sinistre messianiche, “grazie” all’incidente di Chernobyl del 1986 (il Partito Democratico ha votato contro la recente decisione della Unione europea). Di sicuro c’è che l’attacco russo in Ucraina ha accelerato le innovazioni tecnologiche utili a rendere più indipendente l’Europa.
L’idrogeno in Italia è utilizzato soprattutto da Fincantieri. Il Gruppo Msc e Fincantieri hanno annunciato in settimana l’accordo per la costruzione di altre due navi da crociera di lusso alimentate a idrogeno. Si tratta di Explora V e VI, dotate di nuovi motori a gas liquefatto (Lng) e di un sistema basato sull’idrogeno liquido, che consentirà di utilizzare questo carburante a basse emissioni. L’idrogeno alimenterà una cella a combustibile da sei megawatt per produrre energia pulita per il funzionamento dalle aree alberghiere delle navi e per consentire spegnere i motori a Lng nei porti di sosta.
Tra le novità in Europa vi sono Skeleton, il Volocopter e la gigafactory di Berlino, oltre all’avvio dello sfruttamento del litio presente nel sottosuolo europeo. Skeleton technologies è una azienda presente in Germania ed Estonia che ha puntato sul grafene curvo (curved graphene). Si tratta di batterie ad alta capacità, superiori a quelle basate sullo ione di litio. Skeleton potrebbe essere lo “scheletro” in grado di scommettere sull’elettrico con migliori chances. Volocopter è un brand incentrato in Germania, con sezioni a Singapore, dove il Volocopter diventerà lo standard per gli aero-taxi. L’idea è quella antica di provare a uscire dal caos del traffico automobilistico stile Roma, Mumbai o Kinshasa. L’azienda tedesca propone un sistema urbano integrato interamente elettrico: VoloCity, VoloDrone, Voloconnect. Parliamo quindi della urban air mobility (Uam). I primi voli commerciali partiranno tra due anni a Parigi e Singapore. I problemi sono due: evitare di aggiungere al traffico su gomma anche quello su elica e la grandezza del Volocopter.
L’Europa ha fatto una scommessa molto difficile, portando la decarbonizzazione dell’energia a un anno troppo vicino, tanto più visto che non abbiamo ancora sviluppato un sistema credibile di servizi per l’auto elettrica. Da tempo ipotizzo che i veicoli elettrici (Ev) abbiano innanzitutto bisogno di creare uno standard tale da unificare gli spazi (dividendoli in poche categorie a seconda della grandezza dei veicoli) e gli attacchi delle batterie. A oggi il sistema di ricarica è troppo scomodo e lungo: meglio arrivare da un distributore, aprire il cofano, togliere la batteria con un sistema rapido e prenderne un’altra già carica. Il prossimo obiettivo geopolitico europeo non deve essere la sola indipendenza dall’ oil & gas russo, ma anche l’indipendenza dal litio e dalle terre rare cinesi, e anche dalle gigafactory di Pechino (la Cina è il terzo produttore mondiale di litio, dopo Australia e Cile). Le gigafactory sono fabbriche di batterie elettriche a ioni di litio, le più performanti, escluse quelle di Skeleton. In Europa a oggi ve ne sono soltanto 6, mentre la Cina ne ha già 93. L’Ue prevede però altri 25 nuovi impianti per batterie ed EV. Per fortuna, vicino a Berlino la Tesla ha già realizzato la gigafactory Berlin-Brandenburg – la più grande al mondo dopo quella di Austin, Texas – che produrrà batterie per 50 gigawattora l’anno, nonché 500mila auto Tesla Model Y. Peccato che Tesla non sia stata installata in Italia per i noti problemi della nostra burocrazia e dei noti costi che abbattono gli stipendi e alzano il costo del lavoro.
Come ricorda però Energypost.eu, per produrre batterie elettriche serve il litio. Ebbene, l’Europa ha trovato nella valle del Reno il suo wagneriano “Oro del Reno”. Parliamo di un’area estesa per 300 chilometri di lunghezza e 40 di larghezza, nella Foresta Nera. Inoltre – sempre lungo il Reno – altro litio è presente anche nei tratti fluviali di Svizzera e Francia. Litio che, peraltro, sarebbe presente in Finlandia e Spagna. Ipotizziamo, poi, che possa essercene anche in Italia (Alpi e non solo). Nel solo giacimento tedesco ci sarebbe litio per la produzione di 400 milioni di auto elettriche. Per giunta, il litio europeo si potrebbe estrarre senza i danni ambientali dovuti alla difficile estrazione nei giacimenti che si trovano nell’America del Sud. Di norma, il litio viene ricavato dall’elettrolisi di una miscela di cloruro di litio e potassio. I problemi nascono dall’acido cloridrico risultante dalla lavorazione del materiale estratto e dall’elevato consumo di acqua, che forse nell’area del Reno potrebbe essere meno problematico rispetto al deserto cileno di Atacama. Di sicuro, se i rischi ambientali fossero tali da inficiare i benefici ambientali, ne risulterebbe un paradosso einsteiniano.
Del resto, la questione ambientale – se si esula da Mario Tozzi – si presta a molti paradossi. Nonostante i ragionamenti assiomatici del divulgatore e geologo italiano, tra chi non è convinto che il cambiamento climatico sia causato soprattutto dalle derive prometeico-diaboliche del genere Sapiens (che ha molti torti anche nell’ambiente), vi è la Nasa che – come molti scienziati – ritiene come principale causa del riscaldamento i cicli periodici dell’attività solare.
Un altro paradosso è in queste infografiche, da cui risulterebbe che nel mondo le aree verdi sono cresciute rispetto agli anni Ottanta, contribuendo comunque a ridurre il “warming”, anche se di poco. Piantare mille miliardi di alberi non è quindi la (sola?) strada salvifica, come indicato dal G20 di Roma. È però cosa certa e di buon senso che, se piantiamo molti alberi (a foglie decidue!) nelle aree urbane, si ottiene una riduzione della temperatura in quelle aree. E senza consumo di elettricità.
(*) Nella foto in alto la gigafactory Tesla di Berlino-Brandenburgo
Aggiornato il 08 luglio 2022 alle ore 11:40