Dopo anni di indizi e ipotesi, ora è ufficiale: l’acqua sulla Luna esiste davvero. La sua presenza è stata rilevata per la prima volta in maniera inequivocabile nel grande cratere Clavius, situato nella parte sud-occidentale della faccia visibile della Luna, grazie alle osservazioni del telescopio “volante” Sofia, montato a bordo di uno speciale Boeing 747. La scoperta, pubblicata su Nature Astronomy e annunciata in un’attesa conferenza stampa dalla Nasa, lascia supporre che l’oro blu sia più diffuso del previsto sulla superficie lunare, dunque non solo nelle zone più oscure e fredde, ma anche in quelle illuminate.
È ancora presto per dire se gli astronauti potranno usare l’acqua lunare per dissetarsi o fare rifornimento sulla rotta per Marte, ma di sicuro questo ritrovamento dà un’importante spinta alla futura missione Artemis, che intende portare il prossimo uomo e la prima donna sulla Luna entro il 2024. Lo ha sottolineato lo stesso capo della Nasa Jim Bridenstine, con un tweet ripreso anche da Riccardo Fraccaro, Sottosegretario alla Presidenza con delega allo spazio, che ha commentato: “La scoperta della presenza di acqua sulla superficie illuminata della Luna da parte della Nasa è di grande rilevanza per la missione Artemis. La possibilità di estrarla e utilizzarla sarebbe un volano prezioso per il programma di esplorazione: l’Italia è fiera di farne parte”.
Si discute da anni della possibile presenza di acqua sulla superficie lunare, ma “gli strumenti usati finora per le rilevazioni non avevano permesso di distinguere la molecola d’acqua H2O dall’idrossile (OH) legato ai minerali”, spiega Enrico Flamini, presidente della Scuola Internazionale di Ricerche per le Scienze Planetarie (Irsps) presso l’Università di Chieti-Pescara. Il telescopio Sofia ha risolto la questione osservando la Luna nell’infrarosso, a una lunghezza d’onda di 6 micrometri, a cui l’acqua non può più essere confusa con altro. Le analisi indicano che a latitudini più meridionali l’acqua è presente in concentrazioni pari a 100-400 parti per milione, l’equivalente di una bottiglietta da 33 centilitri intrappolata in un metro cubo di suolo.
“Si tratta di una quantità almeno dieci volte superiore a quanto misurato finora, ma comunque sempre piccola”, ricorda Flamini. Il deserto del Sahara, per fare un paragone, ha una quantità d’acqua che è 100 volte superiore. Tanti gli interrogativi ancora aperti. Innanzitutto l’origine dell’acqua lunare, che potrebbe essere portata da una pioggia di micrometeoriti oppure potrebbe formarsi per effetto delle particelle cariche provenienti dal Sole. Resta poi da capire dove si nasconda nel suolo: una prima risposta viene da uno studio pubblicato su Nature Astronomy dall’Università del Colorado a Boulder, secondo cui ci sarebbero oltre 40mila chilometri quadrati di superficie lunare in grado di conservare acqua sotto forma di ghiaccio in piccole zone ombreggiate definite come “trappole fredde”.
Aggiornato il 04 novembre 2020 alle ore 21:48