Courbet, censura-social

La sicurezza degli utenti, la protezione dei minori, la privacy sono tutte tematiche che oggigiorno richiedono una attenzione particolare, soprattutto in rete, laddove è più facile truffare i più deboli e i meno esperti. Non è nuovo sentire che qualcuno si è spacciato per qualcun altro e crimini come il furto di identità digitale o la violazione della privacy sono tristemente all’ordine del giorno. Nel mondo di oggi poi, i “nativi digitali” abbracciano le nuove tecnologie sempre prima, iniziando a navigare in internet ancorché bambini. E' dunque fondamentale in questo quadro assicurare al meglio una navigazione sicura. In tal senso le più importanti piattaforme online hanno abbracciato policy volte alla sicurezza, drizzando le antenne, mettendo in atto monitoraggi continui e cercando soluzioni di fronte a casi di truffa, pornografia, o peggio pedopornografia, con meccanismi di censura immediata e successive azioni a carico dei soggetti.

Ma occorre fare attenzione. Perché, come dice il proverbio, bisogna “dividere il grano dall’oglio”. E questo monito è davvero d’uopo per la società di Mark Zuckerberg, all’indomani della vicenda che ha interessato un docente francese e il pittore ottocentesco Courbet. Per chi non avesse seguito l’incredibile storia, una breve sintesi dell’accaduto: un insegnante francese, Stephane Cottineau ha pubblicato sul proprio profilo Facebook il quadro “L’origine del mondo” di Gustave Courbet.

Come molti sapranno, il dipinto mostra in primo piano l’immagine di una vagina. Per tutta risposta, Facebook ha censurato il profilo dell’insegnante, scambiandolo per un pornografo! Peccato che a Menlo Park non abbiano notato si trattasse di un’opera di fama internazionale e non di una foto porno di... una vagina qualunque!

La vicenda, se non fosse finita davanti ai tribunali, sarebbe stata raccontata come un episodio grottesco frutto di un evidente equivoco…. Ma il professor Cottineau non deve aver gradito questo atto di censura, e la sua reazione non è stata esattamente “sportiva”, tanto da portarlo ad appellarsi alla giustizia. Lo scorso gennaio, l’avvocato della più famosa rete sociale al mondo, aveva sostenuto che l’accusa dell’insegnante – di non saper appunto riconoscere un’opera d’arte da una foto pornografica – non sarebbe stata perseguibile in un tribunale d’Oltralpe, in quanto la piattaforma è chiamata a rispondere soltanto alla giustizia della California dove ha sede il proprio quartier generale. Ma la Corte ha rifiutato questa interpretazione, fissando la prima udienza a Parigi già nel maggio prossimo. A quanto pare si tratta di una prima, ma significativa vittoria.

Il “piccolo” insegnante ha vinto contro il “gigante” della Rete. Sembra quasi rievocare un Davide contro Golia in salsa 2.0. Vedremo quali saranno gli sviluppi della vicenda. Per il momento potremmo suggerire un bel corso di storia dell’arte allo staff di Facebook, per evitare in futuro figure tanto barbine!

Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 02:54