Negli Usa i best-seller sono di destra

Può anche darsi che sia vera la vulgata radical chic. Quella che racconta di una destra che non legge e se compra libri lo fa solo per pareggiare i tavoli o riempire gli spazi vuoti nelle librerie. Di certo però, almeno negli Stati Uniti, ci devono essere tanti tavolini zoppicanti e tante pareti da riempire. Alla fine del mese di giugno, infatti, in cima alla classifica dei libri più venduti del New York Times facevano bella mostra di sé gli ultimi due volumi pubblicati dalla Regnery Publishing, la più antica tra le case editrici di orientamento conservatore. Numero uno e due: The Amateur: Barack Obama in the White House e The Great Destroyer: Barack Obama’s War on the Republic. The amateur è la biografia non autorizzata di Obama, scritta da Ed Klein (Newsweek e New York Times Magazine), che ha conquistato la vetta della classifica il mese scorso e lì è rimasto da quattro settimane. The Great Destroyer di David Limbaugh, invece è uscito il 4 giugno e la settimana successiva ha debutto direttamente al secondo posto della classifica. È la prima volta che Regnery riesce a piazzare contemporaneamente al top della classifica due libri. Certo il fatto che si sia nell’anno elettorale, in piena crisi economica e che i due libri siano polemici contro il presidente degli Stati Uniti può aver giocato a vantaggio delle vendite. Eppure sarebbe sbagliato non cogliere questo segnale. 

La verità è che è un tabù è andato in frantumi anche nella New York un po’ snob e radical chic degli editori liberal. Libri che piacciono ai conservatori possono essere stampati. Autori di destra possono conquistare gli scaffali più in vista, invece di finire in un angolo della libreria, perché anche loro possono scalare le classifiche del New York Times. Insomma, pubblicare questi libri fa guadagnare un sacco di soldi. Non è più un affare che riguarda solo piccole case editrici un po’ polverose e fuori dai grandi circuiti di distribuzione. Tutto cominciò alla fine degli anni Novanta, quando i colossi della carta stampata resero conto che editori come Regnery e Wnd Books avevano cominciato a far soldi a palate, stampando libri che loro, tycoon delle librerie, non avrebbero mai e poi mai preso in considerazione. In altre parole: c’era un mercato grande quanto mezza America che continuavano ad ignorare. Per motivi puramente ideologici. Preso atto di ciò, in questi ultimi anni (soprattutto dopo lo shock dell’11 settembre 2001) anche i grandi editori americani hanno capito che vendere libri conservatori è diventato un business irrinunciabile. E si sono attrezzati. Il risultato, del tutto impensabile solo pochi anni fa, è evidente anche ai più distratti. Oggi è normale entrare in una qualsiasi libreria e trovare nei posti d’onore decine di libri non di sinistra ma patinati, ben curati, ben venduti. Certo le piccole librerie culto, gestite in proprio da librai liberal, continuano a fare un po’ di ostruzionismo. Ma posti di questo genere non rappresentano più il vettore principale che porta i libri sui comodini degli americani. Al contrario, le grandi catene come Barnes & Noble o Wal Mart (senza contare le librerie virtuali come Amazon.com) più impostate sul profitto che sull’ideologia, espongono fianco a fianco gli autori culto della sinistra e della destra. E incassano più che mai.

All’inizio degli anni Novanta il mondo era diverso. Almeno per gli scrittori conservatori. La casa editrice Regnery non si era ancora fatta un nome con l’attacco frontale a Clinton. Questo arriverà solo con il libro di Gary Aldrich, Unlimited Access (1996) e con quello di Ann Coulter, High Crimes and Misdemeanors (1998).

Prima di allora gli scrittori conservatori seri, specialmente se newyorkesi, avevano un unico posto dove andare a bussare: il portone di The Free Press, guidata da Erwin A. Glikes, un ebreo nato in Belgio che si era posto come missione quella di costruire un porto piccolo ma sicuro per gli autori che credevano nel libero mercato e per i pensatori libertarian. Nel 1994 però Free Press fu acquistata dalla ben più potente Simon & Schuster. Glikes si licenziò e morì l’anno stesso. Di crepacuore dicono i suoi amici, presagendo la fine della sua creatura. The Free Press, infatti, virò visibilmente a sinistra quasi immediatamente. Stessa sorte grosso modo subì l’altra isola conservatrice, Basic Books, che più o meno nello stesso periodo diminuì fortemente la presenza di libri non liberal in catalogo. Lasciando Regnery praticamente da sola contro i colossi tutti schierati a sinistra. 

Ma esisteva un altro germoglio che avrebbe dato i suoi frutti. Nel 1984 Ben e Nancy Dominitz avevano fondato Prima Publishing con un capitale di appena ventimila dollari. La società crebbe in fretta. Nel 2000 la piccola casa editrice mise sul mercato 300 titoli per un fatturato di 100 milioni di dollari. Non si trattava solo di libri politici. La fortuna di Prima arrivò con i libri di cucina, guide per il fai-da-te e per videogiochi. Ma Dominitz, un ebreo che era arrivato negli Usa da Israele all’età di 13 anni e che si era fatto totalmente da sé, aveva il suo maggior interesse nella politica: cominciò a battere l’America in lungo e in largo e a pubblicare quelli che considerava giovani talenti del pensiero libertario e conservatore. Tutte quelle idee che gli editori principali snobbavano. La fine della Free Press e l’abdicazione di Basic Books lasciavano un spazio enorme. Così nel 1996, insieme a Steve Martin, Dominitz varò una collana completamente dedicata alla politica: Prima Forum.

Prima Forum si accaparrò qualche pezzo da novanta come William F. Buckley Jr., David Horowitz, Peter Collier e Paul Craig Roberts. Ma promosse anche nuovi talenti. Tra le stelle conservatrici lanciate da Prima Forum ci sono Patrick Glynn (God the Evidence); Thomas J. DiLorenzo (The Real Lincoln); e Tammy Bruce (The New Thought Police e The Death of Right and Wrong). Il colpaccio venne quando il procuratore Kenneth Starr decise di pubblicare on-line le prove raccolte contro Clinton nel 1998. Prima Forum arrivò in libreria con l’edizione rilegata dello Starr Report nel giro di due giorni: un vero salto mortale che le permise di bruciare tutti i suoi concorrenti.

Intanto l’intera casa editrice andava a gonfie vele. La Prima Games Division aveva conquistato circa il 50 per cento dell’intero mercato americano dell’editoria per computer e videogame. Troppo perché le grandi case editrici continuassero ad ignorarlo. Arrivò così «l’offerta che non si può rifiutare». Dominitz vendette tutto il pacchetto a Random House nell’aprile del 2001. La divisione politica era, ovviamente, la meno interessante per Random House. E probabilmente Prima Forum sarebbe morta se non fosse stato per lo straordinario successo di un unico libro. Quando fu pubblicato nella prima edizione (era il 1999) il saggio di Yossef Bodansky’s, Bin Laden: The Man Who Declared War on America vendette solo diecimila copie. Poi arrivarono gli attacchi dell’11 settembre e all’improvviso tutti gli americani cominciarono a battere le librerie alla ricerca di informazioni su Osama. Prima ristampò il libro in paperback in una settimana e ne vendette quasi 270mila copie, restando cinque settimane nella lista dei best-seller del New York Times. Prima Forum era salva per il rotto della cuffia. Oggi, grazie allo straordinario successo dei suoi autori, Prima vive ancora con il nuovo nome di Crown Forum. 

Ma ora che il mercato di destra fa tanta gola ai colossi, riusciranno a sopravvivere e ad aver un ruolo le case conservatrici? Regnery, Spence, Encounter Books, WND Books, NewsMax.com e le altre non possono certo competere con colossi in grado di sborsare assegni di anticipo generosi e garantire una distribuzione capillare ai loro autori. Le piccole case continueranno a svolgere il loro compito. 

Facendo quel che Prima Forum ha fatto negli ultimi anni: girare il paese alla ricerca di nuovi talenti, continuando a tastare il polso alla parte viva dell’America. Consapevoli che ormai esiste un circuito dei media di destra pronto ad accogliere, lanciare e pubblicizzare nuovi personaggi e nuove star del mondo conservatore. Un circuito che ha avuto e di certo continuerà ad avere un ruolo fondamentale nella vendita dei libri. Le radio, le tv via cavo e Internet raggiungono quotidianamente milioni di potenziali lettori. Tanto da rendere sempre meno rilevanti i tradizionali metodi di promozione dei libri e delle idee. 

Un’intervista su Fox, una citazione allo show radiofonico di Rush Limbaugh, sul circuito delle tv via cavo o persino un link nella homepage dei grandi blogger di destra valgono ormai persino di più di una buona recensione su un quotidiano importante.

 

Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 02:49