Game on: il mondo dei videogiochi

Terza puntata della nostra "storia dei videogiochi". Iniziano gli anni Ottanta e quella che viene definita come "età dell'oro" videoludica. 

L'età dell'oro (1980-83)

Gli anni tra il 1980 e il 1983 sono universalmente riconosciuti come un periodo di straordinaria creatività e successo commerciale per i videogames, soprattutto nelle sale-giochi. Atari, regina del mercato, continua a sfornare titoli con frequenza impressionante: Battle Zone, Quantum, Star Wars e soprattutto Tempest danno nuova linfa al genere "vettoriale". Warlords, Missile Command e Centipede sono invece titoli più tradizionali, ma ottengono ugualmente un successo eccellente. L'americana Williams, famosa per i suoi flipper e per aver importato negli States i giochi della Taito, inizia a sviluppare titoli in proprio e si impone all'attenzione generale con capolavori assoluti come Defender, Joust e Robotron 2024. Anche un'altra azienda affermatasi con i flipper, la Bally-Midway, entra nel settore dei videogiochi. E lo fa in grandissimo stile con Pac Man, un labirinto in cui una specie di pallina gialla (dotata di una bocca enorme) deve sfuggire ad una serie infinita di coloratissimi fantasmini, riuscendo occasionalmente a trovare l'energia necessaria per ribaltare la situazione. Gorf e Tron (quest'ultimo realizzato in collaborazione con la Disney) sono gli altri due grandi hit della Bally-Midway. Pac Man, insieme a Centipede, è uno dei primi giochi che riesce a catturare il pubblico femminile, dando vita ad un vero filone di titoli non-violenti che, con la loro grafica "fumettosa", portano finalmente le ragazze in sala-giochi (con grande sollievo dei maschietti). La giapponese Namco, al contrario, perfeziona gli "sparatutto" alla Space Invaders con giochi, come Galaxian e lo straordinario Galaga, che fanno di velocità e distruzione totale le loro armi vincenti. Nel 1981, due case produttrici giapponesi fanno capolino nel mercato a stelle e strisce. Si tratta delle due aziende che monopolizzeranno il settore delle console domestiche nella seconda metà degli anni Ottanta e nei primi anni del decennio successivo: Sega e Nintendo. La Sega si presenta alla platea mondiale con Frogger, nel quale una piccola ranocchia deve affrontare prima la furia del traffico automobilistico e poi un fiume impetuoso per arrivare in salvo nella sua tana. L'esordio di Nintendo, invece, è rappresentato da Donkey Kong, un gioco di piattaforme in cui Mario, un idraulico italo-americano, deve vedersela con un discepolo di King Kong che ha rapito la sua fidanzata. Berzerk, creato dalla Stern, è invece il primo videogame parlante della storia. Merita una citazione di merito, infine, anche la Konami, con Gyruss, Q*Bert, Time Pilot e la frenetica simulazione di atletica leggera Hyper Olympics. Con le sale-giochi ormai diventate un fenomeno di massa, nel mercato domestico si scatena una corsa sfrenata per accaparrarsi i diritti dei titoli più gettonati e convertirli per le console. Il Vcs 2600 è il sistema che, più di ogni altro, sfrutta questa strategia. E Atari vende una quantità eccezionale di macchine, stimolando la concorrenza a gettarsi nella mischia. Il primo avversario del Vcs, in ordine cronologico, è l'Intellivision della Mattel. Venduta nel 1981 a 299 dollari, questa nuova console vanta una grafica e un sonoro decisamente superiori al Vcs, ma non riesce mai realmente a decollare, soprattutto per colpa delle disastrose scelte di marketing compiute dai dirigenti Mattel, abituati a trafficare con Barbie ma poco esperti nel neonato mercato della microelettronica. Il tracollo dell'Intellivision arriva nel 1983, quando la Mattel presenta Aquarius, un home computer che doveva essere compatibile con le cartucce della console. Al momento della sua commercializzazione, però, si scopre che il computer (che pure presenta alcune caratteristiche molto interessanti, come una memoria espandibile fino a 52K e una risoluzione grafica - 320x192 punti - di tutto rispetto) è in grado di funzionare solo con software "proprietario". È la morte, definitiva, sia per l'Aquarius che per l'Intellivision. E la Mattel abbandona per sempre il mercato dei videogiochi. Oltre al flop dell'Aquarius, l'Intellivision aveva sofferto di una cronica mancanza di conversioni arcade. Nei suoi ultimi mesi di vita videro la luce giochi come Burgertime, Bump'n'Jump, Carnival, Centipede, Congo Bongo, Dig Dug, Pac Man, Q*Bert e Zaxxon, ma quasi sempre si trattava di prodotti realizzati in maniera frettolosa e scadente. E anche giochi di ottimo livello - come Night Stalker, Advanced Dungeons and Dragons, Nhl Hockey e Football - non riuscirono ad evitare una fine prematura. 

La Coleco (acronimo di Conneticut Leather Company), che aveva introdotto nella prima metà degli anni Settanta il chip Telstar Arcade, sul quale erano basati quasi tutti i cloni di Pong dedicati al mercato domestico, elabora invece una strategia opposta a quella della Mattel. E, con il suo Colecovision, cerca di seguire la strada maestra tracciata da Atari, stringendo accordi con molte case produttrici del settore arcade e tentando di sviluppare giochi capaci di ricalcare il più possibile l'atmosfera unica delle sale-giochi. Il titolo più riuscito è senza dubbio la fedelissima conversione di Donkey Kong, regalata a tutti gli acquirenti della console. Spinto da una qualità grafica nettamente superiore a quella dei suoi concorrenti, da giochi come Lady Bug o Venture e dalla possibilità (grazie ad un adattatore chiamato "Atari Expansion Kit") di leggere anche le cartucce del Vcs 2600, il Colecovision vende un milione di unità in poco più di sei mesi nei soli Stati Uniti. Quando la stella della Coleco sembra addirittura sul punto di oscurare Atari e Mattel, però, l'azienda del Connecticut compie un errore decisivo: proprio come la Mattel, decide di entrare di gran carriera nel nascente mercato degli home computers e annuncia la produzione di Adam, un gioiellino che purtroppo viene commercializzato con tanta fretta che le prime versioni sono stracolme di difetti, sia hardware che software. L'immagine della società americana viene macchiata irrimediabilmente da questo flop inaspettato. E le vendite del Colecovision crollano così bruscamente che nel gennaio del 1984 la macchina viene ritirata dal mercato. Dopo aver venduto sei milioni di console in tutto il mondo, insomma, Coleco abbandona in tutta fretta il mercato dei videogiochi. Non sarà l'unica vittima di quel "maledetto" 1984.

Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 02:45